Vaprio d’Adda saluta Leonardo, corteo storico

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1513, Settembre. Ecco i testi del corteo storico animato a Vaprio d’Adda il 27 settembre 2015 per rievocare la partenza di Leonardo da Vinci. Qui il copione completo, da cui stralcio alcuni passaggi. Della bella riuscita ringrazio specie l’Amministrazione Comunale, la Pro Loco, i volontari e i cittadini di Vaprio d’Adda, i gruppi “La Corte di Teranis” e “Sbandieratori Torre dei Germani“.

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Banditore. Invocato il nome di Dio perché i nostri occhi vedano la Giustizia. Nell’anno millesimo quingentesimo terzodecimo dal parto della Vergine, mese di settembre. Di Vaprio e di tutte le campagne che s’inchinano allo scettro ducale, ti abbiamo chiamato qui, Popolo, per testimoniare il nobile saluto degli uomini nobili a messer Leonardo da Vinci, maestro di coloro che sanno. A costui, partendo per Roma, è fedelissima scorta il nostro Giovanni Francesco Melzi. Li portino gli angeli perché non inciampi il loro passo. Amen.

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Stemma Melzi (l’araldica è desunta dallo Stemmario Trivulziano)

Oratore. Io, Gerolamo de Melzio capitano della milizia milanese sotto lo scettro del re di Francia Luigi XII, conosco la miserabile gloria delle guerre. Ho sentito l’armatura sulle membra e il sangue sull’armatura. Non è affatto per vigliaccheria che ho vestito la corazza in battaglia. Forte nel sole, l’armatura nasconde la bugia del corpo per rivelare la verità dell’anima, rilucente nella forza. L’elmo, le piastre, lo schiniere sono il mio spirito forgiato nell’acciaio: perché da invisibile si faccia visibile ai nemici. Li ho misurati alla distanza di una spada. Li ho temuti, se il timore è un modo del rispetto. Ho intuito il colore dei loro occhi e delle loro voci.

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Stemma Melzi in Santa Maria Bianca milanese (Foto Pierangelo Mattavelli)

Ma a voi moderni non è più concesso d’essere cavalieri. Non avete perso una guerra in particolare ma la dignità stessa di guerrieri. Armi da fuoco e macchine militari si danno battaglia, ormai, non gli uomini. Pistole, moschetti, bombarde vi consentono di colpire proditoriamente l’avversario a lunga distanza. Che codardia, ferire un uomo di cui si ignorino gli occhi e la voce. «L’arma da fuoco è la scoperta della morte anonima, indifferente, universale». La guerra non è più l’alto canto degli eroi: grida solo «sterminio!», che è l’ultima parola dei vili. Muoia con me l’arte della spada se ora è la polvere da sparo a decidere le vittorie. Ho incoraggiato mio figlio Giovanni Francesco a più miti vocazioni. Messer Leonardo lo educa a tenere il pensiero tagliente invece della lama..

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Stemma Monti

Oratore. Io, Princivalle Monti ambasciatore milanese in Spagna, Firenze e Svizzera, conosco il tempo per piantare e quello per sradicare la pianta. Non dista molto dal campo detto «Al Frassino» il querceto di taglio forte che ho acquistato qui a Vaprio. Tra questo verde, l’ombra monumentale mi risolleva dalla faticosa gioia d’essere un politico. Ho servito il duca finché non perse lo scettro. Ora servo i suoi nemici francesi finché, se non mi inganno, gli Spagnoli vinceranno il ducato. «C’è un tempo per conservare e un tempo per gettare via». L’ascia è posta alla radice del potere più robusto come per qualsiasi altra quercia. I potenti salgono per cadere, costruiscono rovine. «C’è un tempo per abbattere e un tempo per innalzare». Ne ho parlato con maestro Leonardo, passeggiando tra le querce che furono sacre ai Celti..

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Tomba del card. Cesare Monti in Duomo

Avrò paggi, magistrati, notai, giureconsulti nella mia discendenza. Forse un mio pronipote sarà persino cardinale di Milano. Ma il casato si estinguerà, cadendo come cadono anche le querce più salde. «C’è un tempo per nascere e un tempo per morire». Siamo fatti di polvere e vento: passiamo come l’acqua, anche se il fiume rimane. Non pensavo che l’Adda e qualche pertica di querce potessero insegnarmi tanto.

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Stemma Panigarola

Oratore. Io, messer Gerolamo Panigarola patrizio milanese, sono un discepolo dell’acqua. Imparo da lei come obbedire alla corrente degli eventi: levigo gli ostacoli o lascio che i miei dispiaceri affondino. Nella «cleps-idra», che in greco significa «ladra d’acqua», gli antichi impiegarono giusto lei prima della sabbia. Fluendo, il fiume è la migliore metafora del tempo in cammino..

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L’Adda irruente tra Cornate e Paderno (Foto Mario Donadoni)

Noi siamo versati come l’acqua di cui il nostro corpo è colmo. Se getto un sasso nel pozzo, il suo specchio ondeggia e s’infrange; quando il da Vinci suona la sua arpa a forma di teschio, invece, il vino nel bicchiere più vicino vibra solo timidamente. Un dolore o una gioia produce questi effetti anche nel mio corpo, che è intrecciato di liquidi? La sapienza dell’Adda è profonda. Porta i barconi in braccio alla corrente, disseta i campi e sgranchisce i mulini, difende il ducato, sfama i pescatori, gioca coi figli delle lavandaie, monda il bucato..

Da Vaprio, dove ho acquistato alcuni beni, torno a Milano in poche ore di naviglio. Il Martesana è obbediente e generoso. I campari sorvegliano l’acqua destinata all’irrigazione perché non saccheggi quella necessaria a navigare. Il parone che governa la rotta è devoto a Nostra Signora e a san Nicola, invocati perché lo soccorrano nelle manovre più insidiose. Dice, celiando, che prima o poi daranno il mio nome (Panigarola) ad una roggia come quelle Monti o Vailata. E magari quel canale muoverà magli, mulini o un opificio. Mentre tutti gli altri rendono il proprio nome alla terra, mi piacerà di consegnare all’acqua il mio.

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Stemma Borromeo

Oratore. Io, monsignor Borromeo abate commendatario sul Monasterolo «de ripa Abdue», testimonio la devozione inginocchiata di Vaprio ai piedi dei santi Nicola, Pietro e Paolo, Colombano e Agostino. E prego san Cristoforo, patrono del viandante, perché conti i passi di maestro Leonardo verso Roma.. Chiedo però al da Vinci di chinare il capo obbediente alla mia benedizione. Egli intenda che è peccato profanare le carni dei fratelli defunti, frugandole a coltello per studiare anatomia. Il corpo morto non può rivelare alcunché di quello vivo nelle cui arterie scorre l’aria. Egli intenda che è peccato scrutare i moti celesti, immaginandoli diversamente da come il Libro di Giosuè li prova nella Bibbia..

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Anatomie leonardesche

Le parole di chi non crede sono spade sguainate. Messer Leonardo le deponga all’altare, abbassando gli occhi sul mistero delle cose create. Forse che l’uomo sarebbe più lieto, se il mondo roteasse nel nulla anziché stare al centro della Creazione? La carità e non la scienza consola l’uomo. Augurando Dio agli ammalati presso l’ospitale di Vaprio, i miei Benedettini rendono un servizio più grato ancora dei medici che spiegano come si perisce. Il corpo è solo una porta che la morte apre.. Ma so come il da Vinci preferisca le cose vere a quelle belle, la scienza alla carità. Proseguirà la ricerca senza posare le sue inquietudini presso Dio: «chi aumenta il sapere – dice la Bibbia – moltiplica anche la sofferenza». Lascio per questo la mia benedizione sopra Leonardo che è un cercatore come me, sebbene lungo vie più tortuose. Dio è specie con chi fatica a trovarlo.

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Stemma Oraboni

Oratore. Io, Francesco de Oraboni custode del porto di Vaprio in dignità d’ufficiale, so come l’Adda unisca le sponde che divide. Unisce posti lontani, se alcuni partono sul Naviglio in cerca del mondo. Ma divide posti vicini come la Canonica e Vaprio, dove io aspetto che il mondo venga da me. Le mosse piccole degli scacchi sono più difficili che le grandi rivoluzioni di popolo. Così le mie manovre sul traghetto, rimbalzando dall’una all’altra riva d’Adda, non sono meno ardue che le esplorazioni in cerca delle Indie.

Resistendo all’acqua col timone, i miei due scafi corrono sulla fune per trasbordare merci, buoi e pellegrini. Siccome fatico ambo le coste, mastico milanese, bergamasco o veneziano: ma non con ladri, banditi e sfrosatori che stanno accampati in Gera d’Adda. Soppesano qualche moneta o riflettono il sole col pugnale, quando mi chiedono inutilmente di essere traghettati. Questa cicatrice testimonia come unire e dividere non sia mestiere dappoco. L’ho mostrata anche a maestro Leonardo, un forestiero d’intelletto sottile, mentre chiedeva quali opere mi occupano le mani giù al porto..

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Il Traghetto ritratto da Leonardo da Vinci al Porto della Canonica

.. Disse che io sono il politico eccelso se divido e unisco così bene al porto di Vaprio. Perché, come ho capito, la buona politica divide pubblico da privato, «nostro» da «mio», bene collettivo da bene personale. Ma unisce anche tante famiglie in una città, tante città in un popolo, tanti popoli non so più in che cosa. E tutto questo val bene una cicatrice. Cose simili stanno nella testa dei Fiorentini, che ebbero Repubblica finché non s’inchinarono di nuovo alla signoria medicea.. Il mio augurio a maestro Leonardo, al giovane Melzi e all’inquieto Salaì resta questo: che uniscano le forze per dividere la fatica del loro viaggio verso Roma.

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Stemma familiare da Vaprio

Oratore. Io, Francesco Zenoni da Vaprio il Giovane maestro tra i pittori milanesi nella corporazione di San Luca, so quanto può la bellezza presso gli uomini. I luoghi brutti abbruttiscono chi li abita e i popoli malvagi non conoscono l’arte. Innalzare o abbattere qualcosa in una città abbatte o innalza qualcosa anche nei suoi cittadini: se l’una è benfatta, anche gli altri sono più ispirati a fare bene. L’estetica è un’etica.. Chi nacque sull’Adda è tre volte felice: per l’acqua gelida nella gola della sete, per la terra alta sul fiume e per il loro incontro..

Dai ghiaiosi versanti dell’Adda si vendemmia il vino che rotola in botti sui barconi diretti a Milano. I gelseti che offrono more senza spine sono stati promossi specie dal duca Ludovico il Moro per l’allevamento dei bachi da seta. Se la vastità e il silenzio avessero un colore, intingerei anche quello per restituire il fiume secondo arte. Il porto, la roggia Vailata, il Martesana. Equilibrista tra acqua e terra, così appare fedelmente Vaprio sotto al mio pennello nell’anno del Signore 1513. Chi ne custodirà dopo di me il paesaggio dovrà perfezionare le tinte, farne armonia, difenderle perché non svaniscano. Guai a chi pecca contro la bellezza di questi luoghi, che non cercano abitatori ma amanti.

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Oratore. Io, Leonardo di ser Piero da Vinci «omo sanza lettere», ho scorto appena il vero volto delle cose.  Disegnandole, le descrivo nella povera grafia dei mercanti perché la mia unica ricchezza è lo stupore. Ho studiato l’acqua pulsare sotto la pelle della terra e il sangue che corre nel sottosuolo del corpo umano. Dalla Natura ferita sanguina il fiume come il sangue sgorga al ferire la carne. Se ciascuno tra noi viventi è un piccolo mondo, il mondo è un vivente più grande di ciascuno tra noi.

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L’Adda ai Tre Corni (Foto Mario Donadoni)

Le danze dell’Adda lo testimoniano. Il suo flusso procede come il sangue mortale. Ma nella stessa acqua, immortale sembra il vortice, cui ispiro le capigliature dei miei angeli dipinti. Da Vaprio ai «Tre Corni» che ho ritratto, lascai molte orme lungo il fiume per figurarmi come ammansire i flutti alla navigazione. Ho disegnato pietre, trasparenze, verzure. Ogni cosa è una porta socchiusa che mi invita. Sulle rive d’Adda fiorisce la Polmonaria che, infusa, giova ai polmoni malati cui le sue foglie somigliano. Somiglianze di famiglia, segrete allusioni annodano l’uomo al mondo di cui è cifra. Non è possibile innalzare architettura senza conoscere il corpo umano né si può conoscerne l’anatomia senza studiare i moti dell’acqua, il cui fragore è musicale. Chi costruisce una casa deve essere musicista? Per questo la mia curiosità è rotonda, versata in ogni disciplina.

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L’Adda ai Tre Corni (Foto Mario Donadoni)

Ma a voi moderni questo sapere intero è scivolato di mano, infrangendosi a terra in mille saperi più piccoli. Avete messo una scienza solitaria di guardia ad ogni dettaglio. L’albero della conoscenza si è talmente ramificato nelle specializzazioni da dimenticare la propria radice unica. Avete deciso che la Verità maiuscola sta nel peso, nella misura, nella quantità astratta e numerica delle cose; ma non nel loro colore o nel gusto, che sono solo qualità. Eppure, conoscere non significa misurare soltanto. Dubitate dei vostri saperi, metteteli in colloquio tra loro, chiedete di musica all’ingegnere e di ingegneria al musico. Io ho goduto entrambe queste arti quanto basta a sapere che si tengono segretamente per mano. I miei strumenti stanno già nella bisaccia. Sono pronto a respirare la polvere e indossare i calzari. Attorno a sé Leone X, il nuovo papa fiorentino, chiama artisti anziché armigeri. A Roma studierò lenti, fossili, geometrie. Prima di partire ne ho parlato con Gerolamo Melzi, tra gli altri amici, e alla mia Anna da Vaprio. So che alcune di queste parole erano addii.

3 Responses

  1. piera de maestri

    Testo fantastico con immagini che completano la drammatizzazione puntuale, non noiosa e ben documentata. Ero in Liguria e mi e’ spiaciuto non partecipare anche per sentire la coinvolgente recitazione di Giuseppe Riva, carissimo amico. Ancora complimenti

    • Cristian Bonomi

      Grazie Piera! Come consueto, Giuseppe Riva ci ha usato la più squisita professionalità. Ha mandato il testo a memoria, cadenzandolo perché fosse più comprensibile. Perdipiù, gli è riuscito di declamare quanto a voce nuda, da un affaccio della Casa del Custode. Davvero mirabile.

  2. GIUSEPPE RIVA

    Adulatoriiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii (Grazie, grazie, grazie).

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