Una lettera dal fronte italiano, sfuggita alla censura, durante la Grande Guerra: come Guido Galbiati, ventenne trezzese teneva alto lo sguardo sulla morte, pronunciando senza retorica la parola “Patria”.
Le parole del sottotentente Galbiati. 3 novembre 1915. Carissimo Nando. T’invio questo mio scritto, approfittando di una gentile persona che può fartelo recapitare oltrepassando la censura. Io mi trovo nella linea di Plezzo nella quale si stendono le nostre trincee distanti circa 50 metri dai reticolati nemici. Essi sono fortificatissimi ci dominano dall’alto anche ai fianchi.. L’artiglieria nemica è superiore di pezzi e di materiale esplosivo alla nostra quindi siamo costretti ad una dura difensiva senza poter avanzare. Vedo con dispiacere che il glorioso nostro reggimento perché da buona prova è sfruttato all’eccesso e non ricompensato. Gli altri reggimenti che qui si trovavano hanno tutti avuto il cambio, il nostro nulla, da 6 mesi si trova in primissima linea sempre esposti al fuoco. Del mio battaglione nell’avanzata che fecero pochi giorni prima del mio arrivo in campagna, su 22 ufficiali ne rimasero 4 con 700 uomini di perdita. Noi surrogammo tutti gli ufficiali morti o feriti e truppa di 3ª categoria con un mese d’istruzione sostituì i 700 scomparsi. Ci diamo il cambio tra battaglione e battaglione del nostro reggimento ad andare in trincea ogni 7 giorni ed anche nei 7 giorni di cosiddetto riposo siamo sempre esposti al tiro d’artiglieria. Vi furono perdite anche nei giorni passati quando si tentò un’avanzata che non si potè poi effettuare.
Quindi come vedi la mia vita è sempre più in pericolo e sempre più difficile è il mio ritorno. In questi giorni ritornerò in trincea sperando vada bene come l’altra volta. Con questo però ti scrivo con animo serenissimo e tranquillo fiducioso che chi adempie bene il proprio dovere possa venir ricompensato dalla fortuna. In ogni caso gli accidenti sono tanti speriamo possa passare liscia questa campagna e se Dio non lo volesse ti prego di ricordarmi a tutti gli amici, alla tua Signora sempre con me gentilissima e dichiarando di aver trovato in te un vero amico, bada che la diversità di condizione per me non fa distacco, voglio ed osserva che questa mia affermazione un giorno potrebbe essere sacrosanta ed inviolabile che tu abbia in ricordo il mio fucile nuovo. Incarico non avresti per mia riconoscenza che di condurre qualche volta a caccia il mio buon Pasan.
Non credere scriva questo in un momento di sconforto o di disperazione ma bensì in un momento in cui sono serenissimo e calmo e faccio questo perché conscio della mia situazione e del dovere che ho da adempiere verso la patria in mezzo ai pericoli da un momento all’altro non vorrei la tua amicizia non restasse ricompensata. Questi sono i miei desideri verso di te. Scrivimi e mi farai un vero favore. Per ora però ti ingiungo e di ciò mi fido ciecamente di te che tu nulla dica o pervenga alle orecchie dei miei circa la situazione sommamente pericolosa che vi è qui. Ringraziandoti immensamente abbiti un caldo abbraccio dal tuo migliore amico. In fede. Guido Galbiati
Ringrazio Magda Bettini e Lorenzo Bassi del documento segnalatomi.
2 Responses
Alessandro Pozzi
Molto toccante. Grazie per averla condivisa. Ciao
Cristian Bonomi
Grazie, Sandro. E sull’argomento, i postali dal fronte, ci sentiamo presto col gruppo Alpini. Potremmo lavorare insieme ad una raccolta di materiale ulteriore. Grazie alla famiglia Bassi, del resto, abbiamo già rinvenuto centinaia di cartoline scritte da Trezzesi al fronte. Confesso che trascriverne alcune mi ha commosso.