Medici in dittico, Riccardo e Alessandro Pampuri

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Alessandro Pampuri e San Riccardo Pampuri, nipote e zio, medici entrambi tra scienza e carità: la memoria dei famigliari non schiaccia le loro figure sulla sola virtù della dedizione professionale; emergono dai racconti quotidianità, domestiche ironie e la gioia di essere stanchi nell’esercizio della propria missione
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Il dott. Alessandro Pampuri visita i ragazzi ospiti della Colonia elioterapica “San Benedetto” di Trezzo sull’Adda; con lui l’assidua infermiera Natalina Villa

Al civico milanese 34 di via Montenero il dott. Alessandro Pampuri nasce il 22 maggio 1914 dalla sarta Celestina Dies e da Ferdinando, grande invalido della Prima Guerra Mondiale versato nel commercio di vini. Oltre ai fratelli Giovanni (poi maestro elementare) e Virginio (geometra), alla tavola dei Pampuri siede l’anziana «Nonnetta»: analfabeta, proprio lei segue Sandro nei compiti di lettura che la scuola gli assegna. La riuscita dell’alunno è tale che il suo maestro lo candida a una borsa di studio per frequentare in Pavia scuole medie e liceo classico «Ugo Foscolo» presso il collegio Sant’Agostino. Qui studente, Sandro trascorre le vacanze estive a Torrino (PV), dove possiedono larga tenuta i prozii paterni Campari: tutori, costoro, di Erminio Pampuri (Santo nel 1989 col nome religioso di Riccardo), fratello minore del padre Ferdinando. Medico ispirato e ispiratore, lo zio Riccardo carteggia col nipote Sandro, spronandolo negli studi che condurranno anche lui al giuramento di Ippocrate.

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Sandro Pampuri coi fratelli (Foto Daniela Pampuri)

Tuttavia, le memorie domestiche non schiacciano i due Pampuri sulla sola virtù della dedizione professionale: emerge dai racconti la gioia di essere stanchi nell’eroico esercizio della propria missione; quasi una iucunditas. Riccardo chiede così allo zio benestante Campari il denaro per sottoscrivere un promettente investimento ma, quando il tutore gliene domanda l’esito, il giovane rivela come si tratti di beneficenza: «la banca del cielo». Allievo eccellente nelle matematiche, Sandro Pampuri ironizza di aver preferito l’iscrizione alla facoltà di Medicina solo perché la coda a quella di Ingegneria era troppo lunga; con lui, l’amico Mario Valente, poi ortopedico. La famiglia di Sandro conserva il papiro rilasciatogli dai goliardi all’ateneo di Milano, dove si laurea con 110 il 17 giugno 1940.

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Sandro Pampuri, studente (Foto Daniela Pampuri)

Fino al 1944, quando un riscontrato astigmatismo gli preclude la carriera di chirurgo, Pampuri è assistente provvisorio del primario Giuseppe Solaro presso l’ospedale di Busto Arsizio; congeda uno studio sull’ulcera duodenale da pancreas accessorio. Frequenta inoltre la scuola di allievi ufficiali ma ne viene riformato. Concorre felicemente all’assegnazione di 81 condotte mediche, scegliendo quella di Trezzo, dove risulta già interinale dal 18 marzo 1944. Accorre qui al capezzale di Maria Redaelli Colombo che, prima della morte, promuove le nozze tra il dottore e la propria figlia Giuditta Colombo, nata nel 1924 al villino del Castello Visconteo. La mattina del matrimonio, il 17 gennaio 1946, Pampuri assolve le consuete visite a domicilio prima di sposare la giovane, vestita in colori malva. Sopra il rione Valverde, la negoziante Ersilia Fumagalli Lancrò gli chiede se intenda muovere i passi verso l’altare in quelle scarpe di cuoio logoro; e, a risposta affermativa, gliene dona un paio scuro.

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Il dott. Alessandro Pampuri (Foto Daniela Pampuri)

Gli sposi dividono con la famiglia Dalla Porta l’attuale comando di Polizia Municipale, allora proprietà Colombo «Shanghai»; almeno finché, dopo Maria Celeste (1946) e Daniela (1948), non nasce Giovanna (1951) cui segue Cristina Pampuri (1957). Alessandro edifica allora la casa di via Galli, sotto il cui portico il padre Ferdinando intaglia animali nel legno. Con la fidata infermiera Natalina Villa, Sandro tiene per oltre quarant’anni ambulatorio su via Roma, all’attuale Gelsia Point; rincasato, verso sera, ausculta in regime di vista privata. Qui sulla soglia sta una scatola da scarpe e, sulla scatola, una fessura per le libere offerte: «Ti no!» ingiunge ai contadini più poveri, che gli riservano grate uova o un pollo per Natale. Considerava i malati non «clienti ma fratelli sofferenti», disse ai suoi funerali l’amico Padre David Maria Turoldo nel 1990. In effetti, Pampuri raggiunge con religiosa insonnia i pazienti che lo convochino di notte e non ne dorme mai una intera; durante l’epidemia di influenza asiatica, viene ricoverato all’ospedale di Vimercate per ittero da stress. Ai giostrai che allaccino le utenze in casa sua, allestendo sul vicino slargo, Sandro interpone l’unica condizione di visitarne i figli e regalare loro biancheria nuova. Di Alessandro Pampuri, Situla d’Oro alla memoria nel 1997, scriviamo al presente e senza riferire la data di morte perché il suo vivo esempio prosegua oltre quella soglia.

Dal trimestrale La città di Trezzo sull’Adda – Notizie, 2018, IV

Ringrazio Laura Businaro, Claudio Mazza e la famiglia Pampuri.

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