La domestica memoria di Pio XI, papa Ratti, nella casa dei discendenti, a Trezzo: cucchiaini, foto fitte di monsignori e ricordi vaticani nel disordine del solaio
Sei trezzesi dalla pontificia parentela. Sono i fratelli Ratti: da Gianni (1932), il maggiore migrato a Taranto dopo un matrimonio bergamasco, a Ferruccio (1949) già sindaco di Trezzo. Loro nonno Ambrogio Ratti fu Giovanni ebbe il cugino primo Achille fu Francesco seduto sul trono petrino dal 1922 al 1939 col nome ei Pio XI: papa Ratti. Giovanni e Francesco erano infatti fratelli da Rogeno. Alla corte pontificia soggiornarono perciò un anno anche Rodolfo Ratti e Maria Nazzeri, i genitori dei sei fratelli nati in paese presso la casa di via Bazzoni.
«Mio padre era allora industriale, teneva parte del setificio famigliare nella natia Rogeno, abbandonata per sposare a Trezzo – spiega Ferruccio, occhi azzurri e sigaretta quasi costante nella destra – ma dopo il matrimonio (1931) stette un anno in Vaticano. Mia madre ricordava con piacere come avessero un palco riservato a teatro e potessero presenziare a tutte le udienze dello “zio”, papa Ratti». Del resto Giuseppina, una sorella di Rodolfo, era stata chiamata in Vaticano come dama e parente del papa: perché accompagnasse le donne in udienza dal Santo Padre, cui era invece il ciambellano a scortare gli uomini. Per quanto regine, le visitatrici potevano indossare solo perle. Niente corone.
Giuseppina sposò un armatore di lingua spagnola, Peron. Meno felice fu il destino di Fedele, fratello di Rodolfo, finito in campo di concentramento perché favorì la fuga in Svizzera degli ebrei italiani. Le foto della famiglia Ratti raccontano di garibaldini, come il nonno materno, o di alpini caduti in guerra la cui bara fu trainata al campo santo da quattro muli bianchi. Eppure, della parentela papale non rimane che qualche attestato, certe foto fitte di monsignori e un cucchiaino d’argento. «Già. E’ l’unico sopravvissuto di un servizio da the per sei, ormai disperso – sorride Ferruccio – il solo dono personale che conservassimo, fatto a mia madre Maria da papa Ratti stesso. Né lei né mio padre, indugiarono mai nel raccontarci di lui. Furono sempre riservati, quasi sbrigativi di fronte alle nostre rare domande».
Papa Achille Ratti, nato a Desio nel 1857, riaprì la loggia esterna di San Pietro sigillata dopo la breccia di Porta Pia: e con risolutezza, spesso dimenticato dai testi di storia, condannò il partito nazista. Lo fece in un documento ufficiale, tradotto anche in tedesco. E stava per pronunciare lo stesso biasimo contro il Fascismo, quando una morte improvvisa gli fece succedere Pio XII, già suo delfino. C’è chi ne ha persino ipotizzato l’avvelenamento. La sera della morte, papa Ratti aveva al fianco il suo archiatra: Francesco Saverio Petacci si chiamava, papà di Clara.
In casa Ratti le vicende domestiche si intrecciano continuamente a quelle dei libri di storia. Fedele Ratti, nato a Rogeno il 6 gennaio 1912, è forse il personaggio che insieme al pontefice merita più onorata memoria.
Fratello di Rodolfo, era commerciante finché non venne fatto prigioniero dai Tedeschi, che lo deportarono in varie industrie d’Oltralpe salvo rinchiuderlo poi a Mauthausen. La sua colpa, ricordano i discendenti, fu quella di favorire la fuga di Ebrei italiani all’Estero. Ad aggravio del lavoro forzato e dell’internamento, Fedele venne allora prescelto perché salisse sulla “corriera blu”: l’autobus coi vetri di quel colore, che trasportava i prigionieri selezionati per i folli esperimenti di alcuni medici criminali. Indossavano il camice sulla divisa e la svastica sul camice. Tra queste crudeltà di bisturi e tinture, Ratti si spense il 26 settembre 1944 presso il castello di Hartheim (cfr. Pietro Arienti, Dalla Brianza ai Lager del Terzo Reich).
La famiglia Ratti ha edificato a Rogeno una tomba di famiglia, i cui marmi censiscono anche la discendenza laterale al cugino pontefice. Di questi, una lapide segnala la casa dove risiedevano i genitori, prossima alla chiesa parrocchiale. La morte di Fedele, così sofferta e dimenticata, è ancora in attesa di un adeguato riconoscimento. Prigioniero per liberare il Prossimo, vittima delle crudeltà naziste più spaventose, il giovane Ratti resta la matricola 53447 di Mauthausen, finché non verrà celebrato il ricordo del suo sacrificio.
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Ringrazio la famiglia Ratti per le fonti messe a disposizione: specie l’arch. Luca Ratti, cultore di storia locale.
6 Responses
silvano
non viene messo in sufficiente evidenza il breve arco di tempo intercorso fra il passaggio di Hitler a Roma e la morte di papa Ratti (11 mesi) così come non vengono evidenziate a sufficenza le posizioni ben più morbide del suo successore , guarda caso , predestinato .
Cristian Bonomi
Buonasera Silvano. La ringrazio del commento “ad meliorandum”. L’articolo ha la misura di quanto attinto dalla memoria dei discendenti trezzesi di papa Ratti senza pretesa di trattare più ampiamente l’argomento. Tengo la sua segnalazione a invito per ulteriori.
Felice
Non so se mai qualcuno leggerà questo messaggio, ma lo lascerò comunque. Avrei piacere di sapere se qualcuno è a conoscenza di una qualche discendenza di Papa Pio XI con i Ratti presenti nel comune di Monopoli provincia di Bari.
Cristian Bonomi
Buonasera Felice. D’acchito, non credo insista immediata parentela ma la via per scoprirlo e in archivio: a che antenato risali dei Ratti baresi? Un caro saluto, Cristian
Felice
Buona sera Cristian. Grazie innanzitutto per avermi risposto. La mia mamma ha cognome Ratti e noi viviamo a Ginosa prov di Taranto. Il mio trisavolo era Giovanbattista Ratti nato a Monopoli nel 1850 ed era figlio ad Nicola Francesco Ratti e Rosa Renna. Mia madre racconta che a casa del mio bisnonno esisteva una vecchia foto ed a casa di una zia un ritratto di papa Pio XI, perché raccontavano fosse un cugino del bisnonno. Una storia di cui non ho trovato riscontro. Ho fatto ricerche su antenati.san.beniculturali.it ma non ho trovato nulla.
Romeo scalabrini
Anch’io chiedo se ci fosse grado di parentela con Innocenzo Ratti in massiola valstrona mio trisnonno ex frare grazie