Un uomo “di carattere”. Dopo la formazione, favoritagli dalla Società di Mutuo Soccorso a Inzago, il tipografo Crespi Francesco assume e riassume attività diverse in centro Trezzo: una secolare attività che in parte ancora prosegue.
Fin dal 1911 i Pirola gestivano pesa pubblica a Trezzo in piazza san Bartolomeo, ricambiando il quotidiano saluto del tipografo Crespi Francesco fu Felice (1873-1947), che teneva privativa con annessa tipografia al civico 1.
Crespi è probabilmente avviato quindicenne alla professione di tipografo; infatti, dal verbale del riunito consiglio d’amministrazione per la Società Operaia ed Agricola di Mutuo Soccorso inzaghese (in un quaderno dei verbali conservato all’archivio storico dell’associazione), risulta che a favore di alcuni figli e fratelli minorenni di soci del sodalizio inzaghese si deliberò, in data 20 Settembre 1888, «di stanziare i sussidi necessari per l’ammissione dei suddetti minori, capaci e meritevoli, alla Scuola d’arti, mestieri e piccole industrie “Calderini” all’uopo elargiti generosamente dal nostro munifico Presidente avv. Giovanni Facheris, a cui l’intero Consiglio tributa doveroso plauso e giusta riconoscenza»[1].
Si trattava delle somme di danaro che servivano a pagare la tassa di iscrizione e la retta della scuola specificata per tre ragazzi, fra cui Francesco poi tipografo Crespi: costui era fratello di Erminio, membro della Società di Mutuo Soccorso inzaghese. Questo trio di ragazzi si era distinto per avere lodevolmente frequentato 40 lezioni della scuola di disegno industriale tenute dall’insegnante Oreste De Benedetti nell’ambito delle iniziative di formazione professionale giovanile promosse appunto dall’avv. Facheris che, nell’ottobre 1887, essendo Delegato Scolastico del Consiglio della Provincia di Milano e Presidente della Società Fondazione delle Scuole-lavoro, si era attivato per impiantare, proprio a Inzago, la prima di tali scuole sovvenzionate dalla Fondazione che presiedeva, la quale aveva come scopo statutario principale «il programma volto al miglioramento dell’intelligenza e dell’operosità dei giovani elementi della popolazione».
L’aver frequentato lodevolmente la scuola di disegno industriale, nel 1887-88, comportò quindi l’assegnazione del premio (una sorta di borsa di studio) che permise a Francesco Crespi, nel 1888-89, di seguire il corso professionale alla Scuola “Calderini”, quasi sicuramente nel campo dell’apprendistato tipografico.
Il tipografo Crespi aveva lasciato a Inzago i ricordi d’infanzia per accasarsi trezzese col 1897. Le sue insonnie per quell’anno furono il primo parto di Cristina Cajani, la moglie, e il ritiro della rivendita sale e tabacchi che Lazzaro Sironi fu Giosué detto «Girèla» aveva appena cessato[2]. Il sessantottenne venditore reggeva la privativa su san Bartolomeo[3] nelle proprietà Radaelli, dove Francesco proseguì il commercio. L’insegna prometteva sale, tabacchi ma anche i liquori mantenuti dalla mensola a destra entrando. Un muro separava il locale, stretto e allungato, dall’attigua tipografia verso santa Marta che Francesco acquistò da Ignazio Ciocca fu Angelo, rinunciatario tra il 1904 e il 1910[4]. Il giovane inzaghese, capace legatore, appassionò il primogenito Felice Gaspare Crespi (1897-1925) alla carta; e, se papà la rilegava, lui l’avrebbe stampata.
Il tipografo Crespi da Inzago a Trezzo
Delle due attività, tabaccheria e tipografia, terza si aggiunse la succursale sull’angolo di piazza Crivelli: una cartoleria scolastica che, prossima alle elementari paesane, trattava perlopiù cancelleria. Già nel 1908 ne vendeva agli studenti il tipografo Giuseppe Cantù cui, sullo stesso slargo, succedette il tipografo Crespi. Il patriarca Francesco, che sopravvisse a molti dei suoi sette figli, era capace legatore. Mattiniero, burbero e baffuto, saliva nel pomeriggio la scala a chiocciola della pennichella casalinga. Dichiarò d’aver rilegato venti testi per il 1937, invadendo ogni volta la cucina dove disporre la stesura a caldo delle colle[5].
Suo figlio Felice fu il tipografo Crespi più creativo, pioniere del colore anche in ossequio alle comande dell’opificio Crespi. Inorgoglì la ditta familiare di una «croce al merito medaglia d’oro» insignitagli a Milano per «invenzioni moderne – reclames». Lo affiancavano nella stampa persino contadini a riposo dal lavoro invernale dei campi. Ma il suo collega più fidato era il silenzioso «Tici», così detto malgrado nulla si sapesse di lui, che aggiunse sfere a bagno d’olio nel torchio Crespi per alleggerirne la manovra. Imparavano a governarlo anche apprendisti come Angelo Minelli «Bocc» (1928-2007)[6] o Attilio Albani «Pippo». Il laboratorio tipografico, ampliato nel 1955[7], passò a Carlo Antonio Crespi detto «Nino» (1912-1977) dopo la breve gestione del fratello Emilio fu Francesco (1907-1950).
Il primo rincasò dalla prigionia tedesca pochi mesi prima che morisse Emilio, alla cui vedova Celestina Cattaneo da Rovellasca fu lungamente intestata la tabaccheria[8]. La sua proprietà immobile si sommò allora a quella della tipografia (1952). Ma giornali di fronda[9], matrici e torchi conservati raccontano una conduzione vivace fin dall’ultimo Ottocento, quando Francesco ritirava a Treviglio i pochi tabacchi smerciati. Specie durante il Ventennio fascista, che costrinse le privative a statali investimenti «Littorio» e «Consolidato», ogni vendita di tabacco era registrata con due puntuali numeri da quattro cifre. Anche se all’amico don Pietro Misani, prevosto trezzese, Francesco consentiva di pescare i toscani dal cassetto nel retrobottega.
In rincorsa all’edizione di una testata satirica, «Il Pantalone», a Trezzo venne distribuita nel dicembre 1910 un’insolita poesia contro il nuovo commissario napoletano. Il foglio, venduto a 5 centesimi, reca la firma di Giovanin Bongé, sotto il cui pseudonimo componeva l’avvocato Luigi Medici. Il tipografo Crespi ne conserva l’unica copia superstite.
(Da Ditte e Botteghe del Novecento a Trezzo, ivi 2012)
Per approfondire:
Dario Riva, Con la bandiera della solidarietà, Società di Mutuo Soccorso di Inzago, Inzago 2012.
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[1] Della nota biografia inzaghese ringrazio l’ottimo prof. Dario Riva (Associazione Studi Storici della Martesana).
[2] Cfr. Archivio Società Operaia Mutuo Soccorso di Trezzo, Elenco soci 1897.
[3] Il numero 133 identifica la rivendita sotto la gestione Sironi, attestata almeno dal 1875: poi il 3, dopo il passaggio di licenza ai Crespi. Cfr. Archivio familiare Crespi.
[4] ACT, Contabilità 45.
[5] ACT, Censimento fascista delle attività.
[7] ACT, Cartella licenza edilizia 174.
[8] L’esercizio proseguì coi figli Giuseppe e Rino Crespi, a cui l’intervista data 1° agosto 2011. Ad oggi, ne gestiscono i nipoti l’attività familiare.
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