Via Gramsci: le sorelle, la morte e il dono

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«Io ho quel che ho donato» dice Gabriele D’Annunzio e, in effetti, quanto regaliamo resta per sempre con noi: salvo dal tempo e dalla rapina, che non possono più sottrarcelo. Dare è avere anche per le sorelle Guazzoni che, nel 1981, devolvono l’immobile trezzese di via Gramsci 17 «ai fini di pubblica utilità e di assistenza ai bisognosi e agli anziani».
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Via Gramsci in una cartolina trezzese degli anni Cinquanta

Benefattrici trezzesi. L’11 maggio 1981 Maria (1897-1983) e Teresa (1901-1981), sorelle Guazzoni, donano al Comune di Trezzo la proprietà su via Gramsci al civico 17: «esclusivamente mosse da un intento di spontanea liberalità e desiderando che l’immobile venga devoluto ai fini di pubblica utilità e di assistenza ai bisognosi e agli anziani». Così recita l’atto di donazione, che una lapide commemora nel portico delle case Guazzoni, oggi convertite a edilizia residenziale pubblica.

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Al piano terra erano due locali con retro, adibiti a negozio; una vasta autorimessa e un laboratorio; due vani d’abitazione con servizio igienico. Al piano superiore stavano invece un quadrilocale senza bagno e uno con, oltre al bilocale sprovvisto di servizi. Un modesto rustico era nel cortile, che affacciava sugli orti, edificabili e oggi edificati. «Fabbricato per civile abitazione di vetusta costruzione e bisognoso di opere di ristrutturazione» riassume la stima, fissata dal geometra Giancarlo Crespi in Lire 144milioni. «Non vi è nell’atto nessuna contropartita di sorta», precisò l’allora sindaco Franco Ghinzani al consiglio comunale, che accolse la donazione.

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Scatto in corte Guazzoni (1960)

Patrimoni e matrimoni. La famiglia Guazzoni si colloca laboriosamente nell’Ottocento trezzese, tenendo varie attività commerciali. Fiorentino detto «Fiorino» (1883-1969) era fruttivendolo su via Santa Caterina; suo figlio Annibale mandava a memoria la Commedia dantesca e sposò Virginia Foà, docente di Filosofia Antica presso l’ateneo di Genova. Su via Dante, l’ostessa Giuseppina detta «Pina Murnera» (mugnaia) rispondeva di avere solo il Crodino a giovani ansiosi di cocktails. Maria e Teresa nascono in lontana cuginanza con i Guazzoni fruttivendoli e osti, essendo figlie in via Ghiaccio 1 (oggi Risorgimento) del cardatore Antonio Eugenio e di Nava Anna Giuseppa, sarta. All’anagrafe le due sorelle sono iscritte come Maria Luigia, nata il 24 aprile 1897, poi sposa a Stucchi gerente del bar «Centrale»; e Clementina Iolanda Teresa, nata il 2 luglio 1901, nubile. Hanno per fratelli Erina, migrata col marito Abbiati a Osio Sotto; e Umberto (1898-1973), celibe. Papà Antonio è materassaio oltre che rigattiere, radunando una modesta ricchezza con le mani artigiane. Carda la lana, vende e lucida mobili ma anche letti in ferro nella bottega, trasferita entro il 1910 da via Ghiaccio a via Circonvallazione (oggi Gramsci): proprio nello stabile che le figlie devolveranno al Comune.

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Via Gramscia (sulla destra) ripresa in cartolina dal campanile trezzese

Circonvallazione, Indipendenza, Gramsci. Tre nomi successivi titolano la strada su cui apre casa e bottega Antonio Guazzoni finché, il 18 gennaio 1931, non detta il proprio testamento «sano di mente, sebbene ammalato di corpo» al notaio Giuseppe Tagliabue. Tra i testimoni chiamati c’è Carlo Ponzoni da Verderio Superiore, che gestisce la trattoria «Italia» attigua all’attività Guazzoni. Alla moglie e alla figlia nubile Teresa, il morente lascia in parti uguali la proprietà dove muore, su via Gramsci. Al figlio Umberto, che prosegue l’arte paterna, Antonio destina la vecchia casa con la bottega vecchia di via Risorgimento. Alle due figlie maritate, Erina sposata Abbiati e Maria sposata Stucchi, papà riserva un immobile di otto locali su via Bergamo (oggi Adriano Sala). «Questa è la mia buona e ultima volontà» conclude Antonio Guazzoni, che si dichiara «figlio del fu Domenico, nato e domiciliato a Trezzo, possidente commerciante».

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Street Artist: nel 2010 Lucamaleonte esegue una Maddalena al civico 24 di via Gramsci, sulla proprietà attigua alla corte Guazzoni

La morte e il dono. Dei fratelli Guazzoni, il «Sciur Umberto» espone in vetrina su via Gramsci i mobili nuovi e lucida quelli vecchi nel laboratorio, dove carda anche la lana dei materassi. Dalla rimessa, i veicoli partono per la consegna a domicilio. Umberto assume tra gli altri Pierino Comotti «Dôor» e Carlo Perego «Campìn», tappezziere di squisita maestria. Lavorano sotto il portico d’ingresso senza che Sultano li disturbi: è il cane lupo dei Guazzoni, cui Teresa mette il guinzaglio per le passeggiate in cortile. Umberto è celibe, nubile Teresa, che soffre di progressiva sordità; vedova, Maria è senza prole mentre Erina partorisce l’erede, che rinuncia a ogni diritto sulle case di via Gramsci. L’edificio resta così alle due superstiti sorelle Guazzoni che ospitano in affitto le famiglie Barzaghi, Bonomi, Colombo e Perego quando risolvono l’elargizione al Comune. Pochi giorni dopo l’ufficializzata donazione, Teresa muore presso l’ospedale di Vaprio d’Adda il 1° novembre 1981 e l’unanime giunta comunale le delibera in gratitudine onoranze funebri e sepoltura gratuita (croce A, piano inferiore, loculo 210). Dopo il ricovero della sorella, Maria entra in degenza presso Almenno San Salvatore (Bg), dove spira il 12 dicembre 1983. Ma ciò che hanno donato nemmeno la morte può sottrarglielo. «Io ho quel che ho donato» dice Gabriele D’Annunzio e, in effetti, quanto regaliamo resta per
sempre con noi: salvo dal tempo e dalla rapina, che non possono più sottrarcelo. Dare è avere.

Dal Notiziario trimestrale “La Città di Trezzo sull’Adda”, n. 4, dicembre 2016

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Fonti. Archivio Comunale di Trezzo, 1981, v. 8, busta 20, fascicolo 2. C. Bonomi, S. Confalone, I. Mazza, Ditte e Botteghe del Novecento a Trezzo sull’Adda, Comune di Trezzo 2012.

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