Costanza Bassi e i cioccolatini del Manzoni

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I versi di Luigi Medici restituiscono una visita del 1942 allo studio di Costanza Bassi, nobildonna milanese che tiene villeggiatura a Trezzo: la teologia del cammelliere e le bozze di Manzoni.
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Carta d’Identità di Costanza Bassi

Non è facile portare il nome di una virtù. Ma sulla carta d’identità firmatale a Trezzo dal podestà Dante Rolla, donna Costanza Bassi lo fa con disinvoltura. Era nata milanese il 1° gennaio 1868 da don Francesco, ingegnere, e da donna Margherita Trotti Bentiviglio. Del bisnonno materno, Alessandro Manzoni, rammentava solo certi cioccolatini piatti e giganti che le regalava avvolti in una carta grigioazzurra. L’autore se li faceva confezionare apposta.

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Costanza Bassi bambina

Costanza, che i famigliari chiamano «Tancia», ne aveva parlato a Luigi Medici cui affidò certe minute manzoniane da decifrare. Ma non soffriva chi le affilasse contro troppe domande circa il bisavolo. Preferiva conversare di filosofia, belle lettere e teologia attorno alla stufa in cotto del suo studio invernale (al pianterreno) o in quello estivo, che affaccia trezzesi balconi al secondo piano di casa Bassi. «Nido d’Aquila» battezzò Medici quel dove di libri e foto, le cui finestre sono una prua rivolta al castello. Guardandolo, Costanza fioriva la ceramica secondo lo stile «Vecchia Lodi» insegnatole proprio al collegio lodigiano delle Dame Inglesi. Decorò persino un servizio per la regina Margherita, di cui la madre era omonima amica d’infanzia, e poteva vantarlo apparecchiato alla Villa Reale di Monza. A ereditare i pennelli di «Tancia» furono la nipote Antonietta, le pronipoti Paola (figlia di Alessandro Bassi) e Bianca (figlia di Fabrizio Bassi, fratello di Sandro), capaci anche loro di floreali armonie su ceramica. Da questa, o dalla lettura, poteva distogliere Costanza solo il tintinnio metallico delle pendule canne che annunciavano un ospite alla porta. Immaginiamo il Giovedì Santo del 1942.

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Lo studio invernale di Tancia, a Trezzo

L’avvocato Medici scala con la moglie il «Nido d’Aquila». Ha già il cappello in mano e gli auguri pasquali pronti sulle labbra. Massime buddiste (che Costanza trascrive e commenta) e beneficenze da disporre spartiscono il pomeriggio, graffiato appena dalle trasmissioni radiofoniche. L’indomani il togato si riscopre poeta, e intreccia in otto sorridenti quartine un dialogo tra il «Buddha grassottello» e la radio che arredano lo studiolo di Costanza. Le proporrà poi questi endecasillabi, liberando la sorgente di un nuovo discutere.

Balli in maschere e marce littorie
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Tancia in maschera

«Tancia» è più prodiga di sorrisi che di crucci: alcune foto d’inizio ‘900 la incorniciano mascherata da odalisca o pellirossa per chissà quale ricevimento. Eppure, la mola che macina il suo discorrere è spesso morale. «Senza la profonda necessità della Fede io non comprenderei la vita» confessa Costanza, che definisce orgoglio «negare che Dio si sia servito di noi, per fare ciò che abbiamo fatto di bello e di buono». E non ha neppure bisogno di stancare troppe parole alla ricerca di Dio perché, ripete al Medici, «io la penso come quel cammelliere, il quale diceva: “se nel deserto trovo le impronte del leone, son certissimo che il leone è passato di qui”». Il creato è insomma silenzioso testimone del Creatore.

Ma «Bene» non poteva rimanere una voce di salotto per «Tancia» che, fin da piccola, aveva visto i contadini zappare le faticose terre della sua famiglia. Nel 1910 era madrina del comitato che fornì il vessillo sociale bianco-celeste alla «Società Ginnastica Tritium». Imparava intanto come, prima del pane, un affamato voglia il rispetto di chi glielo offre. E la premura che usava alle povere madri di figli poveri valse a donna Costanza Bassi la nomina a segretaria trezzese dei «Fasci Femminili». Ad affidarle la carica fu la fiduciaria provinciale, contessa Lena Trivulzio, che le donò anche uno scatto firmato di Mussolini.

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Costanza Bassi a Baveno

Il 29 aprile 1930, nel cortile delle scuole elementari, il suo impegno venne premiato con tanto di cerimonia da Emilio Crespi (nipote di Cristoforo, che fondò l’omonimo villaggio). L’affollata fotografia di quel giorno ritaglia un passato ancora da dissodare. Costanza lo aveva specchiato negli stessi occhi castani che rivolse al Manzoni e al Medici, ai nobili e ai contadini. Tutti li ricordò finché, il 29 giugno 1948, anche lei divenne qualcuno di cui è bello ricordarsi.

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