Genealogia Caccia: una discendenza contadina per un avo con la spada. La famiglia deriva dal bravo Andrea, armato al servizio di casa Lattuada?
La genealogia Caccia nel nome e nel soprannome. A piccoli passi camminavano forse i Caccia detti «Gambarét da Santa Maria», residenti almeno dall’Ottocento nel cortile antistante il sagrato parrocchiale di Trezzo sull’Adda, dove è stato costruito l’oratorio cittadino solo in tempi recenti. O forse erano «gambar» (gamberi): pigliavano cioè il lavoro dal lato sbagliato, ingenuamente. Resta che la genealogia Caccia migrò nel 1602 da Concesa a Trezzo, fondandoci clan diversi. Di «Sciatèi», ad esempio, i «ranocchi». Ma più noti sono i Caccia «Cêp». Nel 1861, zia trovò uno dei due nipotini addormentato accanto all’altro morto. Temendo entrambi lo fossero, urlò svegliando il piccolo, al cui pianto la donna sbottò: «Quest ché al cipa amò!». Questo ancora «cinguetta», da cui il soprannome.
Il capostipite locale della genealogia Caccia è Andrea, nato figlio di Domenico attorno al 1559. Non abbiamo certezza documentale che il giovane nasca a Trezzo ma a Trezzo sposa, due volte, baciando in seconde nozze all’altare una ragazza della borghesia locale: Cecilia degli Andrejs, lungamente notai nel Cinquecento cittadino. Proprio questo atto matrimoniale denuncia lo sposo «abitante in Concesa in casa del Sig. Gio Jacobo Lattuada» (1602). A perfezionare la nota di provenienza è lo stato d’anime stilato a Concesa per il 1596 (Archivio Diocesano, Visite Pastorali, Pieve di Trezzo, volume 15). Il censimento dichiara residente tra gli altri a servizio di casa Lattuada, giusto un Andrea che esercita il mestiere del Bravo. Era costui nella famiglia armata del casato, variamente impegnato nella riscossione del fisco spagnolo, fino a rimetterci del proprio. I Lattuada dovettere sanare di tasca loro le tasse che non riuscirono a spremere.
L’identificazione di Andrea Caccia e Andrea Bravo è invitante, suggerita e probabile: corrisponde l’epoca, la località e persino l’età dell’uomo. Pure, manca un documento di definitiva conferma che possa sovrapporre le due identità. Il cognome potrebbe persino essere il nomignolo, assegnato in spregio o dispetto ad Andrea: scacciatore, che caccia la spada.
La genealogia Caccia pratica economia contadina, salvo felici eccezioni. Maria Caterina muore nel 1789: «Vedova, abitualmente inferma pel decorso di due anni, sorpresa ieri da sincope, fu da suoi domestici ritrovata, senza avvedersene, morta nel letto e oggi, dopo la visita del Pretorio fedele di Cassano, le sono state fatte le Sagre Esequie». L’assiduità nel sincerare la morte naturale e la servitù ad accudirla testimoniano l’agiatezza conseguita da Caterina, forse per via matrimoniale, tralasciando l’infanzia contadina.
Malgrado il colera le seppellisse il padre, lasciandola orfana undicenne; anche Maria Caccia (1844-1926) convola a cospicue nozze col canteggiatore Angelo Zaccaria, dandogli la larga discendenza di cui l’ultima generazione ancora governa l’attività familiare.
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