Di Rino Tinelli la Raccolta in cartoline, stampe, dipinti, fotografie, documenti, volumi e cimeli è ormai tanto ampia da testimoniare la storia locale non solo del Trezzese: coinvolge infatti l’identità della valle abduana, specie nel suo medio corso
Settantenne dai capelli ostinatamente neri, Rino Tinelli («Pierino» all’anagrafe) ricorda il territorio che gli altri dimenticano. Cultore di cose non solo trezzesi, parte per il passato riportandone nostalgie: una lettera spedita dall’Adda all’Inghilterra nel 1874; l’unica foto esistente del traghetto trezzese in funzione (1870) o quella che restituisce in via Garibaldi l’ufficio delle Regie Poste e Telegrafi (1938). Senza contare cimeli e stampe, Rino Tinelli ha riportato oltre 2500 cartoline storiche al luogo da cui erano partite: Trezzo o dintorni. Vicepresidente per 24 anni della società sportiva Tritium, questo postino alla rovescia iniziò la sua collezione una domenica senza il calcio, che in dialetto chiamano «fuball».
La prima cartolina di Rino Tinelli
Sui navigli milanesi, pagò allora a una bancarella la prima cartolina, invecchiata in una scatola da scarpe. Dopo quarant’anni, decine di mostre e otto pubblicazioni fotografiche, Rino Tinelli apre ancora bauli, scuote immagini e documenti dalla polvere. Ha dato loro definitiva memoria con edizioni quali «Trezzo in Cartolina» (1994), «Trezzo sull’Adda: cartografie e vedute» (2001), «Dall’Adda al Martesana: un percorso su acqua» (2004), «Un saluto da Trezzo e dintorni» (2006), «Fabbrica di Luce» (2016, con Cristian Bonomi e Mario Donadoni); oltre ai tre volumi dedicati alla calcistica Tritium.
Tinelli scansisce i documenti che i Trezzesi gli prestano o depositano presso la sua Raccolta: li salva in due copie digitali su quattro hard-disk esterni che assommano 6,5 terabyte. Da un quinquennio, Rino Tinelli versa qui anche foto di cerimonie civiche e ricorrenze recenti per aggiungere memorie future a quelle antiche. «Materiali così testimoniano la nostra storia, quella cui apparteniamo – dice il Trezzese, insignito nel 2008 della “Situla d’Oro”, benemerenza cittadina – Ne accordo la riproduzione per articoli o edizioni di studio ma, nel tempo, amerei i pezzi migliori fossero radunati in un luogo dove consentire a tutti l’accesso sorvegliato. Le cose belle si moltiplicano solo dividendole». Sei autentiche medaglie di Jacopo Nizzola (incisore trezzese nel Cinquecento spagnolo), scorci in bianco e nero, ricordi dietro l’angolo.
Rino Tinelli: il collezionista che imparò dal padre l’arte del commercio
Il 3 marzo 1946, in via Carcassola 48, Rino Tinelli nacque primogenito di Maria Bertaglio e Francesco. Sposati brevi giorni prima della Liberazione, lei era operaia a Crespi d’Adda; lucidatore di mobili lui, finché non aprì le due vetrine sopra cui affisse il fiocco del primo nato. Smerciava sale, zoccoli, sapone e arredi di seconda mano al paese che si rialzava dalla guerra: salvo qualificarsi nella vendita di mobili. L’arredamento si azzardava in esposizione fin sul marciapiede dove, chiamato a voce, Francesco scendeva trascurando la pasta nel piatto. La stretta di mano calorosa e il saluto rilanciato dai passanti risolvevano l’affare secondo umanità.
I Bergamaschi smussavano i prezzi, promettendo un pollo, come recita qualche fattura. Aldilà dell’Adda, intere generazioni acquistarono la «camera Marisa» color noce, pretendendo sconti quasi ereditari. Tinelli padre consegnava i pezzi con un camion rosso, che diede il colore ai mezzi successivi. Lo offrì anche per condurre in processione la statua della Madonna, a Cerro di Bottanuco.
«Mobili di lusso e comuni» prometteva la pubblicità della ditta (1946), che teneva anche ottomane in velluto con letto estraibile nei magazzini di via Milazzo e sul vicino cortile del cinema «Vittoria». Alla sua dismissione, Francesco concepì una nuova sala da mille posti (l’«Apollo») che ne consolasse gli spettatori orfani. Pagò a cambiali l’ex-proprietà Biffi su via Gramsci, dove avrebbe affiancato al cinematografo la posta, il municipio e la farmacia traslocati in un erigendo Centro Civico.
Ma l’avvento della TV e la scomparsa di Francesco (1971) rovesciarono il proposito: i cinque figli edificarono l’attuale esposizione unica su via Biffi, confermandosi nella vendita di mobili inaugurata dal padre. Per dieci anni internista al collegio Celana di Caprino Bergamasco, Rino Tinelli era ormai ragioniere ex-carrista di Leva, impiegato all’ospedale Bassini in Milano. Si licenziò col lutto al braccio. Papà aveva portato con sé il progetto del cinematografo, che d’accordo con le sorelle il figlio affidò agli architetti Villa, Confalonieri, Cagliani da Concorezzo per convertirlo in edilizia civile e commerciale.
Massimo Boldi intrattenne gli invitati all’inaugurazione del complesso (1979) con la statua di Garibaldi nel verde antistante. Consigliere Pro Loco, Rino fu anche presidente dell’Associazione Commercianti sui cinque comuni del mandamento trezzese. Da decenni, annuncia lui al microfono le formazioni, prima delle partite al campo cittadino; lui che tifa Juventus solo dopo Tritium.
Della calcistica locale mantenne anzi la vice-presidenza con tale assiduità che gli toccò abbandonare di corsa una partita, per la nascita della primogenita Laura (1971), cui Michele seguì due anni dopo. Rino Tinelli comprese che Rosa Rita Girometti sarebbe stata sua moglie, vedendola semplicemente rincasare a piedi dal lavoro; verso cascina Rocca. «Niente è più raffinato della semplicità» conclude l’uomo, rimettendosi in sella alla sua bici ostinatamente nera.
2 Responses
Luca
Onore al grande Rino , testimone vivente e lucido dei cambiamenti ( … non sempre migliorativi … ) di Trezzo e della nobile Tritium .
Un abbraccio
Cristian Bonomi
Grazie Luca! Dici bene: Rino è di guardia alla memoria trezzese.