1912, Titanic: Enrico Rinaldo Ratti da Cassano e Ugo Banfi da Caravaggio sono due dei trentatré camerieri italiani, assoldati dal ristoratore Luigi Gatti per servire ai tavoli della prima classe.
Dall’Adda al Titanic. Col colletto rigido e il naufragio negli occhi, era cassanese uno dei camerieri a servizio sul Titanic. Nacque alle 23.10 del 13 novembre 1890 e, qualche ora dopo, gli imposero i nomi di Enrico Rinaldo presso la parrocchia cittadina. Dal lavoro di agente, papà Anselmo Ratti rincasava ogni giorno in via San Dionigi al civico 20, dove era mamma Francesca Valagussa a rassettare. Di Anselmo, i registri comunali restituiscono la firma, salda e appena svolazzante: alla nascita del figlio Rinaldo, aveva 28 anni, un lavoro stabile e una moglie «seco lui convivente» come recitano gli atti dell’anagrafe. Il cognome Ratti è di recente diffusione sul territorio circostante tant’è che, a Trezzo, abitano solo dal primo Novecento i discendenti in linea laterale di papa Pio XI Ratti. Il ramo cassanese non ha però contiguità con quello che, muovendo a Trezzo da Rogeno, vanta la parentela pontificia. Si tratta piuttosto di una famiglia modesta al cui tavolo il giovane Rinaldo lascia i propri cari per cercare fortuna altrove.
E’ faticoso precisare la data del suo congedo dalla natia Cassano. All’Archivio di Stato milanese non risulta che prestasse servizio di leva militare in Italia, forse perché già trasferitosi all’estero. Certo è che a Londra lo sappiamo alloggiato in St. Martins Lane presso il 5 di Lumber Court quando, il 6 aprile 1912, firma il contratto per lavorare come cameriere a bordo del Titanic. I giornali di allora e il cinema di oggi ci restituiscono la tragica collisione della nave passeggeri britannica con un iceberg, la notte tra il 14 e il 15 aprile seguenti. Rinaldo, che era tra gli 800 componenti l’equipaggio, venne contato tra le 1523 vittime di quell’impatto. Anche se la sua salma non fu mai identificata. Masticava un inglese imbarazzato e gli erano consentite solo poche parole italiane, anzi in dialetto, tra i connazionali che vestivano la sua stessa divisa.
Cameriere come lui era infatti Ugo Banfi, nato appena qualche anno e qualche chilometro più in là di Rinaldo: a Caravaggio, nel 1887. Per la precisione il 9 dicembre da Giuseppe Antonio e Francesca Paltenghi, residenti al civico 8 di via Vittorio Emanuele. «Anch’io!» esclamarono forse scoprendosi della stessa zona, della stessa generazione, nati quasi lo stesso giorno chiamando mamma allo stesso modo.
Nemmeno Ugo scampò al naufragio, che non restituì il suo corpo: o, se lo fece, non concesse ad alcuno di riconoscerlo. Entrambi calati nelle azzurre tombe del mare, Ugo e Rinaldo avevano imparato a camminare dalla stessa terra. Non è anzi improbabile che arrischiassero insieme il viaggio fino a Londra, dove il caravaggino denuncia di abitare al 23 di Aubert Finsbury Park, quando firma il suo contratto di «restaurant waiter» sul Titanic. Giusto il 9 aprile 1912, tre giorni dopo Rinaldo.
Erano entrambi al loro primo imbarco. E furono tra le ignote vittime di una morte notissima: il naufragio del Titanic, che valse alla famiglia Banfi un risarcimento inglese di 60 sterline. A Caravaggio il cimitero recita ancora su un cenotafio il nome di Ugo. Ma di lui, come di Rinaldo, l’oceano non ha ancora interamente restituito la vicenda.
Enrico e Ugo sono giovani di modi garbati e bella presenza: il secondo pare mastichi perdipiù diverse lingue straniere. Ristoratore migrato a Londra, Luigi Gatti li sceglie tra gli altri 33 camerieri che accudiscano sul Titanic il suo ristorante italiano, dove la prima classe imbarcata siede ai tavoli. Per la pratica con le parlate estere, Banfi viene persino scelto a capo di sala, malgrado Gatti debba falsificare un documento per assumerlo in quella dignità.
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Per approfondire:
Claudio Bossi, Titanic. Storia, leggende e superstizioni sul tragico primo e ultimo viaggio del gigante dei mari, 2012.
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