Le tombe ritrovate in San Bartolomeo, appartenenti a due Gesuiti (1815), e un inquisitore domenicano: inedite memorie cittadine tra Sette e Ottocento.
Le tombe ritrovate. Il 14 aprile 1815 i manovali trezzesi Luigi Comotti, Cesare Barzago e Giosuè Pirola maneggiano la pala nell’ex-chiesa cittadina di San Bartolomeo, allora sconsacrata da 24 anni sull’omonima piazza. L’oratorio era officiato dall’ordine dei Gesuiti che, soppresso, consegna la proprietà all’Ospedale Maggiore di Milano. Questo vende l’oratorio ai Nerini e un vicino orto ai Rho Visconti, che ne ricavano l’accesso su via Dante dell’odierno parco comunale.
D’improvviso, quella primavera, la terra cede alle pale due tombe ritrovate. «La prima giaceva in mezzo fra i cancelli ch’ivi esistettero e i brandelli dell’unico altare: racchiusa in cassa di legno e collocata sotto volta di mattoni. – dettaglia il prevosto don Andrea Pozzone sul coevo registro dei defunti – Conteneva un cadavere polverizzato con rimasugli di vestimenti color tra il ceruleo e l’olivastro, con berretta di panno olivastro e diversi crini del capo e barba nericcia. La seconda giaceva al lato destro, in un tumulo proprio, coperto tutto al di sopra con grossa pietra di artistico lavoro; e consisteva in una figura umana scannata perfettamente e disunita».
E’ forse l’immagine di San Bartolomeo, scolpita a custodia della sepoltura. Don Andrea evince che siano le tombe ritrovate di due Gesuiti, sepolti in antico, anche dall’emblema eucaristico sotto l’affresco sul lato dell’ex-chiesa: «Sant’Ambrogio arcivescovo coi Santi Sebastiano a destra e Rocco a sinistra, avente di sopra in gotici caratteri “1513, die 27 Octobris”».
A Trezzo San Pietro Martire è scolpito in parrocchia sulla chiave della crociera Nord-Ovest, testimoniando come forse i Domenicani predicassero alla città. Da Castelnuovo di Scrivia ne veste l’abito anche il padre inquisitore Tommaso Bonaventura Boldi, che promuove tra l’altro il restauro del Cenacolo vinciano. Nel 1720 il Domenicano denuncia che, a Trezzo, alcuni beni ecclesiastici contribuiscono al sostentamento del Sant’Uffizio: sono dodici pertiche a vite e tredici aratorie, affittate a Giovanni Battista Colleoni. Ne sorveglia i raccolti la stessa Inquisizione, che arse le streghe di Cassano (1520) e l’eretico trezzese Galeazzo (1551).
Fonti:
Archivio Storico Civico di Milano, Fondo Materie, 569.
Elena Lissoni, L’Edipo ritrovato, Trezzo 2004.
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