Carlo Fuà, dal belvedere di Villa Gina

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Direttore industriale del villaggio operaio di Crespi d’Adda, allora S.T.I. (Stabilimenti tessili italiani), l’ingegnere anconetano di origini ebraiche Carlo Fuà risiede in Villa Gina a Concesa di Trezzo sull’Adda e scampa alle persecuzioni razziali grazie alla complicità dei vertici societari.
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Giovanni Brambilla, Villa Gina (acquarello, Raccolta Rino Tinelli)

Al termine prescritto del 20 aprile 1939 nessun cittadino trezzese si autodenuncia appartenente alla “razza ebraica” ma, precisa il locale podestà, «una scheda di censimento pervenuta dal Comune di Milano è stata a suo tempo restituita al Comune medesimo dopo compilata dall’interessato ing. Fuà Carlo, residente a Milano, che al momento del censimento dimorava occasionalmente con la famiglia (moglie e 2 figlie) a Trezzo sull’Adda in una villa [villa Gina a Concesa, n.d.r.] di proprietà degli Stabilimenti Tessili Italiani da cui il medesimo dipende quale direttore dello Stabilimento di Crespi d’Adda del Comune di Capriate San Gervasio».

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Dott. Geremia Fuà (Foto Giustini)

Da genitori entrambi israeliti e anconetani, il 20 aprile 1888 Carlo Vito Fuà nasce in Ancona al civico 7 di via del porto. Gli antenati di sua madre Laura Schwarz (1863) avevano lasciato Vienna per Roma. Suo padre Geremia Fuà (1853-1942) è medico laureato a Bologna nel 1877: i colleghi lo eleggono presidente dell’Ordine di Ancona, dove tiene studio in via Calatafimi; si prodiga inoltre quale assessore comunale e ufficiale sanitario alle carceri, meritando la strada intitolatagli in città. Dei quattro figli di Laura e Geremia, Clara sposa il medico Guido Salmoni, seguendolo a Schio; il dott. Emilio succede nell’ambulatorio paterno di via Calatafimi; Riccardo si laurea in pediatria a Firenze col massimo dei voti; soltanto Carlo si allontana dalla medicina di tradizioni famigliari, esercitata già dal nonno cerusico Giacobbe Fuà. Il giovane allena infatti le sue competenze tecniche come apprendista nelle industrie del Regno Unito.

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1926, Crespi d’Adda in veduta aerea (Foto da Archivio Storico Crespi d’Adda Legler – ASCAL, in copia presso Associazione Crespi d’Adda)
L’ing. Carlo Fuà, direttore di Crespi d’Adda

Quando nel 1931 gli Stabilimenti tessili italiani (STI) annettono l’opificio “Benigno Crespi” presso l’omonimo villaggio operaio, uno dei due direttori commerciali nominati è il valente ebreo Vittorio Graziadio Foà fu Tobia (Il Cairo, 1890). Forse per via di questo contatto, in breve tempo Carlo Fuà viene scelto dalla STI come terzo commerciale al fianco del correligionario.

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Ing. Carlo Fuà (Foto Ascal)

A Crespi d’Adda, il figlio di Geremia è promosso direttore industriale. Il Consiglio d’amministrazione STI gli conferma l’incarico nel 1937 con speciali mandati per gestire corrispondenza e fatture. Il presidente Bruno Canto, la cui adesione al fascismo resta tiepida e formale, offre all’ingegnere la citata ospitalità di villa Gina sulla rupe di Concesa: ugualmente coinvolto nella STI, qui abita suo fratello Gino Canto, che battezza l’edificio in omaggio alla moglie Gina. Benché appoggi in Concesa e alla casa direttoriale del villaggio, Fuà mantiene residenza milanese in via Alberto da Giussano 16, dove la domestica Clementina Mascarelli apparecchia per quattro: papà Carlo, mamma Ida Lolli fu Fausto (Campobasso, 1896) e le due figlie. Sono le studentesse Laura detta “Lalla” (Cogno di Borno, 1916) e Giuliana (Ancona, 1919).

Una medaglia d’oro onora Geremia Fuà per la presidenza sulla Croce Rossa provinciale durante la Grande Guerra, quando i figli combattenti Emilio e Riccardo furono insigniti di croce al merito. Anche Carlo opera patriotticamente «per un più largo impiego delle materie autarchiche» e sua moglie Ida «donò alla patria 34 grammi di oro e la fede matrimoniale». Ma nemmeno questi argomenti brillano nel buio delle persecuzioni razziali. I provvedimenti in materia vietano che la domestica Clementina, “ariana” com’è, possa servire una famiglia ebrea. I medici Emilio e Riccardo Fuà vengono espulsi dalle accademie anconetane. Di Carlo, si rileva brutalmente che «non è iscritto al Partito Nazionale Fascista. Ha precedenti quale antifascista ed ex massone».

Benché abbia la tessera littoria, oltre che moglie e figlie battezzate, il collega Vittorio Foà ripara in America già nel 1939. Il fratello Riccardo Fuà muove invece verso la Svizzera dove, con buona certezza, anche Carlo troverebbe scampo alla deportazione. L’ingegnere passa in clandestinità dopo il 1942. A don Luigi Cortesi, parroco emerito del villaggio, l’autista STI Giovanni Rocchi testimoniò come Carlo vivesse alla macchia tra Luino e Rovetta; là dove egli stesso lo provvedeva di viveri. La società e il presidente Canto non sono dunque estranei all’irreperibilità del tecnico durante la guerra. Nel 1944 vengono confiscate persino le azioni in cui Fuà ha investito: 15 della società “La Centrale” e 400 della “Cieli”, beni di cui sarà risarcito solo a fine conflitto. Riassume allora la direzione industriale STI finché, nel 1957, il Consiglio d’amministrazione non vota la «nomina dell’ing. Carlo Fuà a Direttore Generale della Società e conferimento di poteri, con particolare riguardo allo stabilimento in Crespi d’Adda».

Firma autografa dell’ing. Carlo Fuà

Il tecnico gode qui la villa direttoriale, dove la moglie Ida accomoda la dépandance a studio per modellare piccole sculture: le bimbe figlie degli operai posano talora per lei. Ogni mattino, Carlo indossa il camice cachi ed esce in bicicletta; dalle 7.00 ispeziona i reparti crespesi con calorosa disciplina. Gli operai chiamano “Fuana” la sua fidata segretaria Anita Maffioletti. Dopo trentennale servizio, l’ingegnere raggiunge la pensione nel 1961, radunando tra i ricordi anche gli assorti panorami di villa Gina. Entrambe le eredi Fuà si affermano: Lalla come traduttrice letteraria e critica musicale, sposa a Giovanni Lovisetti direttore ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale); Giuliana come avvocatessa in difesa della famiglia e delle donne, prima eletta al Consiglio dell’Ordine di Milano e moglie dell’avv. Franco Salerno. Nipote di Carlo, giacché figlio del fratello Riccardo, l’economista Giorgio Fuà (1919-2000) fonda intanto la facoltà di economia all’Università Politecnica delle Marche e l’Istituto “Adriano Olivetti”, essendo collaboratore di questi e di Enrico Mattei.


Dall’Informatore Comunale La Città di Trezzo sull’Adda – Notizie, 2019, III

Fonti. Archivio Comunale di Trezzo, Moderno, 182, f. 6; Archivio della Camera di Commercio industria, artigianato e agricoltura di Bergamo, serie Registro ditte c.o. Fondazione famiglia Legler, 513; Archivio di Stato di Milano, Prefettura di Milano, Gabinetto, Documentazione sui cittadini di origine ebraica, Pratiche (15 e 17) e Confische (7); e Questura di Milano, Gabinetto, 331, n. 2608; Archivio Rodolfo Mondolfo, Inventari a cura di S. Vitali e P. Giordanetti, Città di Castello 1996, p. 37; Comune di Ancona, Stato Civile, Nati 1888, n. 587. A. Capristo, L’espulsione degli Ebrei dalle accademie italiane, Torino 2002, p. 60; L. Cortesi, Crespi d’Adda, III ed., Bergamo 2005, pp. 227, 234, 237, 249, 255 e 257; S. Giustini (a cura di), Ordine dei medici della provincia di Ancona, Ancona 2005, pp. 47-53; I. Mazza, La casa sulla ripa di Concesa, Grezzago 2007, pp. 52-53; E. Rosenthal Fuà, Fuga a due, Bologna 2004, pp. 91-93 e 224; M. Severini, Giulia, la prima donna, Venezia 2017. Ringrazio gli interpellati Rav Alfonso Arbib, Laura Brazzo (CDEC), Giuseppe Baghetti, Giovanni Brambilla, Anna Colombo, Giampietro Colombo, don Luigi Cortesi, Adriana D’Adda, Alberto Enzler, Mario e Riccardo Lecchi, Rino Tinelli, Giovanni Rinaldi.

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