Il cognome Colombo, assegnato ai trovatelli milanesi, induce casi di omonimia tali da sospendere quell’assegnazione entro il 1825: la discendenza dell’esposto Bonaventura Colombo (1711-1781) reca, per oltre un secolo, l’orgoglioso soprannome dialettale “Ventura“.
Fino al 1825, gli esposti milanesi al torno di Santa Caterina ricevono tutti il cognome Colombo, la cui diffusione provoca omonimie tali da indurre una riforma anagrafica. Da quell’anno, ogni trovatello riceve infatti un cognome inventato, la cui iniziale sia assonante al nome di Battesimo. Prima del 1825, Colombi sono gli orgogliosi figli dell’Ospedale Maggiore di Milano: ente cospicuo di pubblica carità, eretto nel 1456 dal duca Francesco Sforza in esito all’aggregazione di luoghi ospedalieri, sparsi presso gli enti religiosi di quella città.
Nato nel 1711, Bonaventura Colombo detto Ventura sposa a Trezzo il 27 febbraio 1734 Lucia Taeggia q. Antonio che, agli atti battesimali dei figli, viene talora registrata col secondo cognome Manzini. Il documento nuziale non riferisce la paternità dello sposo, confermando la provenienza di esposto. Se Ventura reca il cognome Colombo, la ragazza che bacia all’altare ne porta uno più noto alla storia trezzese: Ta(v)eggia è un crescente patrimonio terriero e la firma di alcuni ingegneri sull’Ottocento locale.
Quando Bonaventura spira per “mal di petto” il 5 marzo 1781, al suo corteo funebre si accoda la confraternita di Santa Marta di cui il defunto è sodale. Questa congrega di laici disciplini percorre processionalmente il borgo, flagellandosi in Quaresima e Avvento; alle penitenze partecipa anche Ventura, vestendo l’abito prescritto di sacco bianco. Giuseppe II d’Asburgo-Lorena disperde la confraternita appena sei anni dopo la scomparsa del Colombo. Fino ad allora, la congrega amministra larghi lasciti alla patrona Santa Marta e consente ai confratelli di intrattenere contatti privilegiati con i maggiorenti trezzesi, cui sono spesso riservate cariche alte in seno al sodalizio.
Un’adesione simile, incrociata all’estrazione della moglie Taeggia, testimonia come il trovatello Bonaventura sia felicemente insediato nella società trezzese. Di onorata memoria, il nome Ventura diventa così il soprannome dei suoi discendenti, almeno per un secolo. A fine Ottocento, il mestiere del pronipote Ambrogio Martino Colombo (1873-1951) merita infatti l’appellativo di Sutramòrt (seppellitore), ereditato dalle due generazioni successive. Nomignoli simili, censiti dall’anagrafe dialettale, consentono di risolvere le omonimie altrimenti inestricabili del cognome Colombo.
Il ruolo dei maschi in età superiore ai 14 anni, censiti dal 1770 (AsMi, Atti di Governo, Censo Parte Antica, cart. 2111 – Trezzo sull’Adda) rintraccia i Colombo Ventura presso uno stallo di don Cesare Cavenago, famiglia comitale investita del borgo nel 1647. Qui Bonaventura abita con le discendenze dei due figli maschi: Pietro Antonio (1737-1798), marito ad Anna Maria Barelli; e Giovanni Battista (1751), sposato con Teresa Marcandalli di Gaetano. Il primo soffre la morte della sposa, occorsa presso l’Ospedale Maggiore di Milano, da dove giunge l’esposto Giuseppe Colombo residente in casa Ventura almeno dal 1779 al 1781. La doppia menzione testimonia un vivace legame con l’ente caritatevole, di cui Bonaventura accoglie un trovatello.
Il 12 gennaio 1768 Pietro Antonio Colombo impalma in secondi voti Caterina Lecchi di Giuseppe. Nella folta figliolanza della coppia (9 nati cui si affratellano i 2 dal primo matrimonio), Angela Maria sposa Giuseppe Barzaghi q. Barnaba lungo una cerimonia che consacra in matrimonio 7 coppie contemporaneamente, il 21 gennaio 1804; Domenico (1778, cg. Corti), Galdino (1772, cg. Galli), Giacomo (1774, cg. Calvi da Basiano) e Pietro (1782, cg. Erba) proseguono invece il cognome Colombo e il soprannome Ventura.
Nato il 26 ottobre 1805, Gaetano di Domenico sposa il 13 settembre 1828 Rosa Colombo fu Antonio. Le nozze sono celebrate senza dispensa di consanguineità: sebbene rechino lo stesso cognome, infatti, i due non sono parenti; a riprova della vasta diffusione dei Colombo trovatelli. Tra i figli della coppia, Angelo (1831) si stanzia con la moglie Maria Giovanna Pojani q. Giosuè (1841) al civico 2 di contrada del Sole, intitolata a Roma durante il Fascismo; il regime dispone infatti con circolare prefettizia del 1931 che tutti i comuni dedichino all’Urbe una strada centrale.
Su questa via nascono così le sorelle tessitrici Carolina (1864) e Rosa Colombo (1869), spose ai fratelli Galli Gaetano e Pietro di Giovanni, entrambi muratori. Alla Cascina trezzese Chioso, tessitrici o filandiere sono anche le sorelle Motta di Giuseppe Maria, discendenti da nonno gessatese. Tra loro, Rosa Maria (1875-1951) sposa il 9 gennaio 1896 Ambrogio Martino Colombo di Angelo (1873-1951), primo sutramòrt alla dismissione del nomignolo famigliare Ventura. La crescente incidenza dell’occupazione industriale presso filande e tessiture ambienta in quegli anni la crisi agraria, che converte i contadini alle fatiche della fabbrica.
I documenti in riproduzione sono tratti dai duplicati dei libri sacramentali presso l’Archivio Storico Diocesano di Milano, se successivi al 1770 (ringrazio Alex Valota e mons. Bruno Bosatra); quelli precedenti tale data provengono invece dal fondo anagrafico dell’Archivio Parrocchiale di Trezzo sull’Adda (ringrazio Teresina Quadri e don Alberto Cereda).
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In argomento, vedi su questo sito:
Esposti di Santa Caterina, la ruota di Milano;
Confraternite dal perduto vessillo: San Rocco e Santa Marta;
Soprannomi dialettali di famiglie lombarde (Colombo).
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