Lo stemma Casati nella cornice di una Crocefissione risalente al primo Cinquecento lombardo: forse per assolvere ad una disposizione di San Carlo, l’affresco trezzese venne eseguito al priorato di San Benedetto in Portesana, salvo raggiungere a strappo l’attuale sede presso l’oratorio parrocchiale
Tra due festoni di paglia, che sono forse trecce femminili, una casa s’erge a torre. Il blasone figura sugli spigoli della Crocefissione (Restauro Centurini 1989), strappata alla cappella di San Benedetto in Portesana e ora presso l’oratorio di Trezzo sull’Adda. Sotto quest’emblema lo Stemmario Trivulziano raduna famiglie diverse (Beulco, Gironi, Giussano) tra cui la più cospicua è la Casati. A metà ‘500, ne portano il cognome due priori del monastero trezzese: Luigi fu Ambrogio, chierico milanese in porta Comasina sotto la parrocchia di san Carpoforo; e Ambrogio fu Benedetto, canonico in santa Maria della Scala.
I due sono onorati col titolo di «Reverendo» dai notai Andrei in tutte le compravendite trezzesi. Luigi matura fino a 781 pertiche milanesi il patrimonio del priorato, per officiare il cui altare Ambrogio spende solo 5 dei 200 scudi annui che le terre rendono. Costui si candida committente della Crocefissione che, oltre allo stemma Casati, reca a secco una scritta dedicatoria illeggibile.
Nel 1566 san Carlo Borromeo visita infatti la cappella del monastero, ordinando che sia imbiancata e dipinta («dealbetur et pingatur»). Il Reverendo paga forse l’affresco per assolvere quest’ordine. Vero è che, 8 anni dopo, il visitatore apostolico menziona alcune opere di pennello nell’abside («alique picture»). L’ispezione pastorale del 1609 le descrive già scolorite («vetustate fere corrosis»), raffiguranti Cristo inchiodato tra Maddalena e la Vergine; due figure di cui non sopravvivono oggi che le aureole.
Dal Notiziario Comunale di Trezzo sull’Adda, n. 1, Marzo 2014
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