Incontro col drammaturgo Luigi Lunari

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Se il mondo è un condominio. Incontro col drammaturgo milanese Luigi Lunari: antimilitarista, autore di Tre sull’altalena  e paroliere dei Gufi.
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Luigi Lunari nel 2009

Ha avuto persino una tournée russa, Tre sull’altalena: la sua opera più celebre, ripresa contemporaneamente in Francia. Sull’agenda, Luigi Lunari appunta anche nuove traduzioni di suoi testi in rumeno e polacco, una prima in croato a Karlovac, gl scorsi sipari dal febbraio 2015 in Estonia e Canada. Eppure il drammaturgo siede rare volte in prima fila perché, spiega: «socchiudo gli occhi e non rido». Nato milanese nel 1934, una battuta gli offre ancora la meglio occasione per parlare seriamente. I suoi copioni (qui) correggono la comicità con clandestine riflessioni, come si dosa il sale a pizzichi nelle ricette di pasticceria: «con gioia al funerale e tristezza al matrimonio», direbbe Shakespeare.

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Con la compagnia milanese dei Filodrammatici nel 1981

Sul pianoforte, nella casa di Brugherio, Schubert titola lo spartito; sopra gli scaffali, invece, ventinove copioni a sua firma; senza contare saggi, prefazioni, scritti politici o votati alla storia del teatro. Tra gli altri, i volumi di Arthur Miller e Anton Čechov sembrano quelli consultati con più assidua devozione. Ma anche Luigi Pirandello o Bertolt Brecht. «Vorrei diventare famoso come colui che ha reso familiare la morte, figura serenamente francescana e senza falce – aggrotta la fronte, salvo subito contagiare un sorriso – certo, io sono già famoso, ma non lo sa ancora nessuno». La sua conversazione s’inabissa, risalendo a galla per ridere con un po’ di fondale nelle mani.

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La terza A del liceo Carducci: Luigi accanto alla cattedra. Alto in ultima fila Bettino Craxi.

Giornalista, traduttore, docente universitario, commediografo, sceneggiatore Rai; scrisse anche per il quartetto meneghino dei Gufi, specie l’antimilitarista Non spingete, scappiamo anche noi! (1968). Le sue arguzie, la carriera, le sue curiosità sono a rilancio: «Tutto mi interessa – ammette – specie vedere cosa vedono gli altri in me, quando divento tutti i miei personaggi. Quello che penso io, già lo so». Ha l’eleganza della scherma discutere con Lunari. Del resto, il padre ingegnere affidò Luigi bambino alle suore tedesche di cui apprese la lingua. Cresciuto, portò i suoi sedici anni in Francia, dove comprese anche l’accento parigino prima di praticare l’inglese a Londra, per conseguire il diploma in common low a perfezionamento della laurea di Giurisprudenza. Russo e gaelico, invece, li accostò da autodidatta. La larga competenza linguistica gli ha consentito l’accesso ai copioni originali, di cui curò 160 traduzioni italiane, stringendo competente amicizia con autori antichi e recenti.

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Luigi Lunari nel 1990

Nelle presunte innovazioni del cabaret, Luigi smaschera le più classiche soluzioni teatrali, rinnovando il riso suscitato con serietà. «Dell’essere ateo faccio una fede – prosegue col fioretto – nel condominio del mondo, l’uomo promulga la religione come regolamento condominiale». Nemmeno l’empietà gli riesce maleducata. Anzi, è con garbo che la persona delle pulizie viene sospettata d’essere Dio in Tre sull’altalena, scritto in soli tre giorni del 1989 per onorare una scommessa fatta con gli amici davanti al teatro Manzoni. Oggi l’opera è calorosamente applaudita specie in Canada e Russia. Ma, perché la considerassero, precisò allora che il testo italianizzava un dramma inglese: Tre uomini senza barca. I quattro personaggi che lo muovono (ingegnere e inserviente, militare e professore) risalgono alla Commedia dell’Arte: padrone e servo, capitano e dottore; figure celate anche sotto i quattro semi nelle carte da gioco.

La scrittura di Lunari ha radici vertiginose nella storia occidentale, che pure non gli impediscono di cogliere ai rami la modernità. Con I contrattempi del tenente Calley (1973) inscenò la guerra in Vietnam, le cui armi erano ancora calde. Tagli e dettagli, i copioni di Lunari sono a orologeria: provocano nello spettatore il surreale sufficiente a ragionare la realtà con distacco. «Ma confesso io pure due peccati, di gioventù e di vecchiaia – precisa con chirurgica ironia – L’incidente (1966) e Er padre de li Santi (2005), di largo successo ma poca soddisfazione. Non bisogna ammiccare al pubblico né sfidarlo; accennare indizi, piuttosto, per sintonizzarsi».

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Milano, 1985. Con Ernesto Calindri per mettere in scena Molière

Nei vent’anni trascorsi al Piccolo Teatro i nutrienti confronti con Giorgio Strehler, Paolo Grassi, Andrea Camilleri, Dario Fo hanno maturato in Lunari l’espressione di un’epoca. Alla scrivania, sta rifinendo Amor sacro, amor profano. Dopo lungo meditare, un fatto di cronaca o l’esordio azzeccato liberano ancora a Luigi una scrittura tanto limpida da specchiare la modernità, crudele commedia.

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