Avendo esercitato le virtù in grado eroico, è considerato dalla Chiesa “Venerabile” il carmelitano Padre Benigno Calvi, di cui il popolo conserva un ricordo già santo.
«Com’è bello morire carmelitano!» fu la frase che gli chiuse le labbra nel 1937: Padre Benigno di Santa Teresa del Bambino Gesù, al secolo Angelo Calvi da Inzago, si portava 28 anni nella tomba di cui due soli da sacerdote. Eppure il Provinciale fece recitare tre «Gloria», e non un «De Profundis», ai cento confratelli rientrati al santuario mariano di Concesa per vegliarne la salma. Angelo era nato contadino a Inzago, dove fu apprendista calzolaio finché una bestemmia risuonata in bottega non gli impedì di entrarci. Passò allora in quella di un falegname, col cui figlio (l’amico Carlo Caldarola) assistette nel 1924 alla vestizione religiosa di alcuni carmelitani concesini.
Entrambi risolsero là, in quella circostanza, di consacrarsi a Dio. Carlo divenne salesiano. Angelo ricevette con lo scapolare carmelitano il nuovo nome di Fra’ Benigno, tanto invocato nelle soffitte di Torino, dove tendeva la destra ai più poveri.
Li lasciò per il chiostro lungo l’Adda, dove fu vice-maestro dei novizi, accettando in più la cura d’anime a Concesa: comunità il cui parroco era impedito dalla malattia. Ogni giorno Padre Benigno Calvi ne adempiva come vice l’impegno pastorale, salendo fino al paese la gradinata che oggi porta il suo nome. Lo faceva in silenzio, malgrado le feroci fitte all’addome che i medici fraintesero per colite. In parrocchia permetteva a una bambina minorata di saltargli al collo, «anche se gli lasciava tracce di bava sull’abito» racconta la biografia compilata da Suor Maria Paggi. Si premurava lui di accudire gli infermi o i figli delle lavandaie scese al Naviglio. Celebrò gratis un funerale di prima classe ad un bimbo, la cui famiglia non poteva pagarne nemmeno uno di terza. E sorrideva, quando chiedeva agli altri di non temere per la sua pallida salute. Lo operarono infine a Legnano ma l’addome inciso aprì su una disperata peritonite da tubercoloma.
Padre Benigno Calvi offrì il suo dolore a Dio per la Provincia Carmelitana, diffamata in un processo che poi la scagionò, e per le missioni dell’Ordine nel mondo. Molti trepidarono sul sagrato di Concesa finché Padre Brocardo, un anziano confratello cieco, non annunziò dalla finestra: «Tutto è finito».
Iniziava così la devozione popolare che padre Gerardo Bongioanni di San Giuseppe interpretò, istruendo la causa di canonizzazione per il giovane inzaghese, traslato nel 1995 dal cimitero concesino al santuario lungo l’Adda e dichiarato Venerabile cinque anni dopo.
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