Solidarietà: Trezzo, la storia della città solidale

La tradizione della solidarietà lungo la riva destra dell’Adda: dai pii lasciti alle opere pie; a Trezzo, volontariato civico e devoto raccontano la storia della città solidale.
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Ceppo d’Adda, Adda di ceppo (Foto Mario Donadoni)

La tradizione della solidarietà. Cuore di ceppo, anima di nebbia: Trezzo è terra dal volto incerto. Suscita incontri commerciali lungo l’Adda e scontri armati su quello stesso confine, se il fiume unisce le sponde che divide. Come una sentinella di pietra, il castello visconteo alza lo sguardo contro il rivale, che è giusto il nemico dell’altra riva. Eppure, i due argini si tengono segretamente la mano con ponti, barconi, traghetti. Persino le cascine del contorno trezzese sono chiuse sul cortile, tetragone, quasi merlate ma proprio lì l’ospitalità contadina ama dividere il pane con gli altri. Non è piccola diplomazia, orientarsi su questa terra, che intreccia per tradizione scontro e incontro: inviti minacciosi e minacce invitanti.

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L’Adda vista da cascina Portesana
Solidarietà devota lungo l’Adda

Quando ancora la notte è superstizione e denti di lupo, alto sulla Val di Porto trezzese sorge l’ospizio benedettino di Portesana, porto sano per i viandanti che valicano l’Adda. L’ospitalità monastica ha braccia tanto ampie da accogliere bisognosi e pellegrini. Non diversamente fa la «Schola de’ Poveri» che, nel 1609, il card. Federico Borromeo già definisce «antiquissima». Due anziani e un cancelliere a carica annuale gestiscono l’ente caritativo: il fondatore Pietro Grimaldi lo vota a Sant’Andrea, patrono dei pescatori non solo sull’Adda. Di questa congrega, l’Archivio municipale conserva i libri contabili fin dal 1554 perché, nel 1809, la Scuola dei Poveri viene assorbita dalla Congregazione di Carità e poi dall’Ente Comunale d’Assistenza (ECA, 1937).

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L’oratorio di San Rocco a Trezzo

In antico, altre cinque confraternite alzano a Trezzo il proprio stendardo, finché la soppressione ordinata da Giuseppe II d’Austria non le disperde, nel 1787. Tra queste, una congrega di Disciplini viene eretta nell’oratorio di Santa Marta: patrona dell’ospitalità evangelica, cui i Trezzesi affidano la porta cittadina verso Milano. L’Associazione Volontari Civici Trezzesi ha sede odierna nell’antica chiesetta. Vestono invece un saio verde i confratelli laici di San Rocco, costituiti verso il 1588 nell’omonimo oratorio con l’audace incarico di accudire gli appestati. Di quel colore sono anche gli affreschi interni al tempio rocchino, restaurato da Liliana Grassi nel 1984.

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Confratelli del Santissimo, Trezzo

Estinta con Livio Ponzoni (1918-2007), la congrega trezzese più longeva è quella del SS. SacramentoScöla» in dialetto), già  documentata nel 1584. A indossarne l’abito, una mozzetta rossa («ruchètt») sopra la bianca tunica, sono laici chiamati specie a «esercitare fra loro la carità in maniera che, sentendo essere uno di loro infermo, facciano opera di visitarlo ed aiutarlo spiritualmente e temporalmente» (San Carlo Borromeo). Irrobustita a Trezzo dai pii lasciti di Francesco Como (1698), don Domenico De Magistris (1711) e don Agostino Nazari (1763), la solidarietà cristiana consente medicine e medico anche per gli ammalati indigenti. La carità con le mani giunte ispira nel 1929 la definitiva donazione Mazza «per opere di previdenza sanitaria e assistenza medico-chirurgica»: un luogo possibile per l’ospedale cittadino, poi reinterpretato nella colonia elio-fluviale «San Benedetto» (1960), amministrata dall’Opera Pia.

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Statuto dell’Opera Pia (Archivio privato Bassi, Trezzo – Foto Lorenzo Bassi)

Secolarmente viva a Trezzo, la tradizione del soccorso al Prossimo prosegue oltre la città con missionari quali padre Angelo Maggioni (martire in Bangladesh), padre Rocco Perego (tra i lebbrosi della Birmania) e Anna Sironi (nelle favelas a Salvador de Bahia). «Dobbiamo occupare il posto che la Provvidenza ha tracciato. – scrive la missionaria, cui è intitolata l’RSA di Trezzo – Chi non lo fa rimane uno spostato».

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Anna Sironi in missione
Solidarietà laica lungo l’Adda

Al cadere del Settecento si propone di accomodare il castello trezzese, ormai dismesso, in ricovero per i pellagrosi. Il progetto fallisce, consegnando il maniero alla demolizione; ma apre nondimeno una lettura inedita della solidarietà: laica, statale, illuminista. Ancora nel 1825 il censo milanese definisce Trezzo «paese agricolo»: affaticato dalle difficoltà irrigue, sussiste di cereali, uve da vino e gelsi per la bachicoltura. I contadini, che sudano a vanga o falcetto, pagano in frumento l’affitto terriero e col denaro quello di casa; trattenendo il granturco per la polenta quotidiana. La fame siede alle loro tavole, condannandoli a malattie alimentari come la pellagra. A sollievo della frequente miseria, il sindaco trezzese Ariberto Crivelli suscita la Società Operaia di Mutuo Soccorso: ente laico sorto sul rione Valverde nel 1879 per «soccorrere mediante un giornaliero sussidio, quei soci che per malattia divenissero impotenti al lavoro» (Statuto, Art. 2).

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La Società Operaia di Mutuo Soccorso, sul rione Valverde a Trezzo

L’Unità nazionale intona la borghesia a ideali di laicità, declinati anche nella pubblica assistenza. In lascito testamentario Giovanna Borghi dona, per esempio, il castello trezzese al municipio di Vaprio d’Adda: per istituirci un asilo infantile. Nemmeno questo proposito riesce e, solo nel 1894, la regina Margherita giunge a Trezzo per inaugurare la scuola materna che su via Carcassola (già Umberto I) il dialetto chiama «asilu di sciuri» in contrappunto all’asilo «di suori». Laico e privato, l’ente scalda una minestra ai poveri figli di famiglie povere, cui non chiede la retta pagata solo dai più facoltosi. I maggiorenti trezzesi aderiscono a questa tradizione di solidarietà, più politica che religiosa ma più sociale che politica.

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Luigi Medici poeta al castello di Trezzo

Ancora nel 1964 l’avvocato poeta Luigi Medici offre in via Mazzini la terra dove avrebbe dovuto sorgere un ricovero per anziani. Pochi metri e altrettanti decenni prima, anche le zie dell’offerente cedono proprietà con larga mano: ma al coadiutore mons. Giuseppe Grisetti, che fonda lì l’ex-oratorio parrocchiale «Villa Quiete» (1889). Devozione e laicità come le due mani dello stesso agire civico.

Da «Vent’Anni di Avct – La solidarietà alla guida» (2015)

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Per approfondire:

AAVV, San Benedetto in Portesana, Milano 1989, vol. I, pagg. 157-159;

Angela Amoroso, Una storia per Trezzo, Capriate San Gervasio 1985;

Carlo Giacomo Boisio, Luigi Medici, Milano 1976, pagg. 173-174;

Cristian Bonomi, Regine e Beati sotto il cielo di Trezzo in La città di Trezzo sull’Adda – Notizie, marzo 2011; Amor sacro e Amor profano, dicembre 2013;

Luigi Ferrario, Trezzo e il suo castello, Milano 1867, pagg. 152-153;

Gabriele Medolago e Francesco Macario, Relazione storico-archivistico-stratrigrafica sul castello di Trezzo sull’Adda, Milano 2007;

Regolamento della Confraternita del SS. Sacramento, 20, Milano 1932, Archivio privato famiglia Caccia;

Roberto Vitale, La Società Operaia di Mutuo Soccorso di Trezzo sull’Adda (1879-2009), Grezzago 2009, pagg. 20-21.

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