Castello di Trezzo, sentinella di pietra

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Il castello di Trezzo, equilibrista sul confine dell’Adda tra Austria e Neustria, Guelfi e Ghibellini, Ducato di Milano e Serenissima; finché, nel 1796, la sua stella militare non tramonta.
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La doppia ansa al promontorio del castello di Trezzo (Foto Mario Donadoni)

«Terribile signor, cui la minaccia / siede sul volto»: così appare al poeta Pietro Marocco la torre dei castello di Trezzo che l’ing. Giuseppe Richini descriveva «a quattro piani uguali, di cui l’ultimo regge il tetto» (1782). Misura lui il castello che, ormai dismesso, si propone invano di accomodare a bagno penale o ricovero per pellagrosi. L’unico a riconoscerci una fortezza è Napoleone, che non riesce a restaurarne i bastioni.

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(Foto Mario Donadoni)

Dal 1805 il maniero viene anzi considerato cava di materiali già squadrati per l’arena civica di Milano e alcune pertinenze monzese della villa reale. Solo a metà del secolo la proprietaria Giovanna Borghi sospende gli smantellamenti presso il castello di Trezzo, ripristinando la salita alla torre. Sui ruderi del fossato asciutto, raccoglie in un villino i reperti emersi. Speroni, coltelli, palle di cannone. Ma anche ossa numerose, composte in un’edicola sui giardini Rolla.

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(Foto Mario Donadoni)

Per istituirci un asilo infantile, Giovanna offre il castello di Trezzo in lascito testamentario al municipio di Vaprio d’Adda: questo lo cede però a Gaetano Molina che, il 17 marzo 1891, rivende a Cristoforo Benigno Crespi. L’industriale, che sborsa 40.000 Lire, inaugura così i suoi progressivi investimenti sul promontorio visconteo alla cui ombra antica medita il moderno progetto della centrale. L’acquisto del castello lo garantisce in loco contro eventuali altre iniziative idroelettriche. Per ragioni di tutela artistica, il comune trezzese ha già discusso l’acquisizione del bene, sulle cui parti monumentali il ministero ipotizza l’esproprio. Ma la fama del Crespi, appassionato d’arte, basta a rassicurare gli enti che sospendono ogni pretesa. Nel 1896 Cristoforo pone all’ingresso del castello due uomini armati di revolver[1].

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Il mastio (Foto Mario Donadoni)

Sull’estremo del promontorio trezzese, eroso dalle estrazioni in ceppo fino al 1890, la prima roccaforte è il castello detto «vetero»: occhio militare della corte longobarda stabilita in Cornate. Lo confermano la necropoli di San Martino (1976) e nelle mura la torre superstite, detta «di Teodolinda» malgrado sia datata a epoca più tarda. Risale forse al XII secolo, quando Federico Barbarossa raduna qui tesori che i Milanesi saccheggiano nel 1159. Al maniero cinto dal fiume converge il sistema difensivo compreso tra le attuali cascine Rocca e Colombaio, la torre cittadina nell’omonima via e l’avamposto detto «scarlascia». Nel 1211 il cardinale Gherardo da Sessa elegge a propria villeggiatura il castello di Trezzo, restaurato dai Trezzesi, cui gli Umiliati predicano il paradiso per ricompensa.

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Le caverne naturali adattate a casematte del castello (Foto Mario Donadoni)
Il castello di Trezzo, “castelnuovo” e “vetero”

Quando già nel 1361 Bernabò Visconti comanda il cantiere dell’attiguo «castelnuovo», in quello vetero restano studi notarili, abitati, persino la parrocchia e una camera di giustizia per le sentenze vicariali. Il duca dispone di tamponare lungo l’Adda l’accesso alle grotte naturali, che trasforma in casematte. Ricicla nei bastioni e nell’erigendo mastio materiali cavati fin dalla basilica di Santa Giulia a Lesina (Bonate Sotto).

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Il castello di Trezzo, disegnato da Leonardo da Vinci (Codice Windsor) in riproduzione presso Raccolta Rino Tinelli – Trezzo sull’Adda
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Tomba di cavaliere (prima metà del XV secolo) proveniente dal castello trezzese e oggi esposta allo Sforzesco di Milano

Bernabò Visconti getta un ponte in laterizio e pietra di Mapello che, su due piani, scavalchi il fiume. L’ardito arco sopravvive di poco al suo fautore, avvelenato nel maniero dal nipote Gian Galeazzo. Per riconquistare il maniero ai Milanesi, occupato com’è da Paolo Colleoni, Francesco Carmagnola abbatte nel 1416 il viadotto che ne garantisce provvigione e rinforzi. Più vecchio di un secolo, gli Spagnoli aggiornano il castello dopo averlo preso il 9 gennaio 1513 ai Francesi, cui requisiscono tra l’altro 300 carri di vino. L’assediatore era forte di 4000 fanti e 16 pezzi d’artiglieria, la cui posizione Leonardo da Vinci appunta sul codice Windsor.

Sulla torre ormai disarmata un seme del vento pianta un’alberella (o tremulo), a fine Ottocento. Quando un uragano la divelle, nel 1937, il poeta Luigi Medici ne provvede quella cui altre succedono. Dall’altezza che l’arbusto corona si gode un panorama di storia militare e idroelettrico progresso.

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1912, scatto in vetta alla torre di Trezzo

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[1] Gabriele Medolago e Francesco Macario, Relazione storico-archivistico-stratigrafica sul castello di Trezzo sull’Adda, Milano 2007.

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