L’amore e la clemenza dell’acqua, l’elemento che meglio racconta come passano le generazioni che rimangono in un modo più fluente e carsico.
![L'Adda ai Tre Corni, Mario Donadoni, genealogica, fare all'amore e](https://i2.wp.com/ioprimadime.com/wp-content/uploads/2014/12/IMG_2364-199x300.jpg?resize=299%2C450)
Amore e genealogia. I più pensano la provenienza sotto l’aggrappata metafora delle radici: allora il cittadino nato e la natia città si appartengono, immobili e arborei. L’acqua è una figura migliore per ricapitolare gli antenati che, come affluenti, convergono segretamente in noi. Spade che scintillarono, baci scambiati all’altare, ennesime prime parole di bimbo, sciolte vele, polvere e gloria. Tutto questo occorre perché il sottrarsi degli avi si trasfiguri nel nostro esserci se «Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma» (Lavoisier); o più misticamente «La vita non è tolta ma trasformata» (Missa Defunctorum).
Affinché sostenessimo il peso di questo minuto, i secoli hanno congiurato con l’irruenza dei fiumi in piena. Non sepolte radici ma acque vive ci conducono qui. E proprio lo scorrere, che passa ma rimane, è la migliore immagine del tempo se anche il greco parlato da Eraclito chiama «ladre d’acqua» le etimologiche «cleps-idre». Dei quattro elementi, questo è il più sapiente. L’acqua prende la forma di tutte le mani senza lasciarsi catturare mai da nessuna; porta a riva relitti e conchiglie, offrendo in dono la sua miseria insieme ai tesori. Se è pioggia, «ha un vago segreto di tenerezza / e reca in ogni goccia anime di fonti umili» (La pioggia, Garcia Lorca).
![L'Adda ai Tre Corni, Mario Donadoni, genealogica, fare all'amore e](https://i0.wp.com/ioprimadime.com/wp-content/uploads/2014/12/IMG_4814-300x200.jpg?resize=420%2C280)
Quando la Lombardia calzava gli zoccoli, nel dialetto dei suoi contadini «parlà» valeva «amoreggiare» quasi che la parola fosse inventata per dire il sentimento. Terra e bestiame erano cure anche domenicali, allora, e le stanze troppo popolate non consentivano intimità nemmeno sotto la luna. Di questi antenati l’unica sosta romantica era la pioggia, il riposo unico: «L’amore si sveglia nel grigio del suo ritmo / e il cielo interiore ha un trionfo di sangue» (Garcia Lorca). La pioggia è incendiaria, accade fuori dalla nostra volontà. Come l’amore.
L’uso odierno preferisce la costruzione «fare l’amore» che risolve la passione in un complemento oggetto a disposizione della nostra mano capricciosa. Ma proprio come la pioggia cade incontrollabile fuori dalla nostra volontà, anche il sentimento ci sorprende con l’inattesa forza dei temporali.
![L'Adda ai Tre Corni, Mario Donadoni, genealogia, fare all'amore e](https://i2.wp.com/ioprimadime.com/wp-content/uploads/2014/12/IMG_4681-300x220.jpg?resize=400%2C294)
Forse per questo, un tempo, si diceva più onestamente «fare all’amore». L’espressione non fa dell’affetto un complemento oggetto a disposizione delle due volontà. Al contrario, le sorprende; come si parla «a braccio» o si fa «a pugni» senza avere signoria sulle forze e le parole che ci sentiamo in petto. Conteniamo l’incendio perché diventi focolare ma il fuoco, come la pioggia o l’amore, non sta alla nostra obbedienza.
2 Responses
alessiofabbri
Un ottimo articolo, narrato con sensibilità e poesia. Grazie!
Cristian Bonomi
Grazie Alessio! Sarà il rispetto che entrambi abbiamo per le parole.