Ceppo d’Adda, antica pietra di modernità

Il ceppo d’Adda e gli scalpellini che anagrammavano le montagne lungo il fiume per farne pietra di modernità. Le sapienze dello scalpello che consentirono capolavori come la centrale “Taccani” di Trezzo o il cimitero monumentale di Bergamo.
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(Foto Mario Donadoni)

Il ceppo d’Adda, pietra disegnata dal fiume. Durante la glaciazione di Würm, 11mila anni fa, le lingue dei ghiacciai alpini avanzano sulla pianura salvo ritirarsi: tre passi avanti e due indietro, come le processioni nel Meridione. Due alterni scioglimenti irrompono a valle con tanta acqua da depositare sabbie e ciottoli, fin dalla Val Màsino, sulle argille grigie della pianura. Un progressivo cemento di calcare imprigiona quei violenti materiali nel ceppo d’Adda, la roccia sedimentaria sul cui fondo corre il fiume[1].

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Trezzo, centrale idroelettrica “Taccani” (Foto Mario Donandoni)

Già dal Trecento la sua valle offre il fianco all’estrazione di questo conglomerato, chiamato anche «puddinga»; distinto com’è in rustico, mezzano o gentile a seconda dei sassi che il ceppo d’Adda contiene. Cariata dai versanti fluviali, la pietra innalza il castello visconteo di Trezzo (1377), rivestendo anche la centrale idroelettrica «Alessandro Taccani» (allora «Benigno Crespi») a qualche metro e altrettanti secoli di distanza.

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Trezzo, centrale idroelettrica “Taccani”, rivestimento in ceppo d’Adda (Foto Mario Donandoni)

La liquida strada del naviglio Martesana somministra blocchi, davanzali e basamenti in ceppo d’Adda ai cantieri di Milano, che rialza la testa dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Le cave erodono persino la penisola della rocca trezzese finché il Genio Civile non le sospende per un macigno pericolante (1879).

Delle cinque attività diffidate, i fratelli Borromeo insistono comunque fino al 1890. Più obbediente, il vaverino Corda disarma la propria cava per assaltare una parete rocciosa compresa in Val di Porto tra le strade per cascina San Benedetto e Portesana: la «Prima Ciapéra» prossima alla località trezzese «Rondinera». Sotto questo nome, nel 1904, alcuni tagliapietre si associano in cooperativa con sede a Concesa[2].

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Scalpellini su una parete di ceppo d’Adda (Foto Bassani in copia presso Raccolta Rino Tinelli)

Sulla stessa parete tempra gli scalpelli la concorrente cooperativa «Lavoranti ceppo di Brembate Sotto», presieduta dall’ing. Emilio Gallavresi, che protesta come le opere idrauliche Crespi per la fondazione della centrale idroelettrica a Trezzo pregiudichino la sua attività[3].

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Trezzo, centrale idroelettrica “Taccani”, rivestimento in ceppo d’Adda (Foto Mario Donandoni)
Ceppo d’Adda, il ritmo dello scalpello

Languente d’inverno, lo scavo sulla riva milanese o bergamasca riprende con la monda delle erbacce sulla parete mentre altri blocchi solcano l’Adda in barcone: e le lavandaie si ritraggono al passaggio, per evitarne l’onda. Primi sono i «picott» ad aggredire la striscia di ceppo più sporgente. Le scavano sotto una galleria che penetra qualche metro. Sopra la pietra s’insinua intanto una fenditura in cui sono infitti fogli metallici, tra cui martellare i cunei, finché la roccia non si divarichi. Sul masso caduto, è festa grande. Anche se tocca ancora sezionare il ceppo d’Adda in parti ulteriori, ripetendo l’operazione di taglio. I blocchi grezzi così ottenuti passano a valle.

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Trezzo, centrale idroelettrica “Taccani”, rivestimento in ceppo d’Adda (Foto Mario Donandoni)

Li rifinisce il «picaprèi» che, davanti a un disegno preparatorio, impugna punte piatte e acute o la buciarda: un martello che lascia la pietra leggermente ruvida. Il fabbro tiene temprati tutti gli scalpelli. Il dialetto chiama «marógn» le persone intrattabili e le rocce che il martello stenta a trattare: gli scalpellini sono invece «ciapee», intenti cioè a brigare sulla chiappa rocciosa. Sotto il sole più arrabbiato, la loro sudata fatica consente capolavori come quello di Gaetano Moretti alla fondazione idroelettrica di Trezzo.

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Trezzo, centrale idroelettrica “Taccani”, rivestimento in ceppo d’Adda (Foto Mario Donandoni)

Oltre il presidio Crespi o il cimitero monumentale di Bergamo, è l’edilizia milanese a giovarsi delle cave, la cui manovalanza s’irrobustisce nel Dopoguerra di migranti veneti. Già nel 1937, a Nord della prima parete, si intacca la «Seconda Ciapéra». Dove gli scalpellini proseguono ad anagrammare il ceppo d’Adda per farne pietre di modernità.

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Trezzo, centrale idroelettrica “Taccani”, rivestimento in ceppo d’Adda (Foto Mario Donandoni)

Da “Fabbrica di Luce” (Bellavite, 2015)

[1] Ringrazio per la consulenza geologica il prof. Davide Previtali di Suisio (Bg).

[2] Archivio Comunale Trezzo sull’Adda, Contabilità 45, 53, 59.

[3] Archivio di Stato in Milano, Fondo Prefettura, Carteggio amministrativo 5395.

One Response

  1. Sabrina Di Natale

    La Puddinga, roccia sedimentaria marina a differenza del Ceppo dell Adda ,sedimentaria fluviale, è la roccia tipica di Portofino (Ge)…

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