Sul rione Valverde di Trezzo sull’Adda presso il castello visconteo, casa Rolla sorge sul sito d’orto già proprietà de Velasco: il recente restauro ritrova l’antico assetto dell’edificio, riordinando con filologica cura anche i giardini secolamente a colloquio con la casa. Nuove piantumazioni ripristinano così la continuità dei noccioli storici sul doppio filare d’ingresso.
Il Catasto Teresiano (1721) censisce alla particella 952 le 9 tavole dell’orto de Velasco su cui sorgerà l’edificio oggi Rolla: fuori dalle mura di Trezzo, sul finire del rione Valverde e in fregio a piazzetta Santo Stefano, prosieguo dell’attigua proprietà Cavenago alla particella 951. Se un rilievo del 1753 sembra accennare un primitivo fabbricato, tra i beni di seconda stazione catastalmente descritti nel 1751, il mappale 952 è ancora «orto, coerente a Levante il Conte Cesare Cavenago, a Mezzogiorno e a Ponente strada e a Tramontana il Conte Cavenago». La veduta del borgo trezzese, eseguita a disegno da Pasinetti nel 1762, conferma del resto la proprietà Velasco come orto adiacente casa Cavenago, la cui fronte si allinea all’oratorio di Santo Stefano. Descritta dal 1855, la costruzione sorge nel ventennio precedente in secolare dialogo col mappale 794, anch’esso già pertinenza de Velasco: «orto situato alla piazza del Castello, cinto da siepe la maggior parte viva di pertiche 1,8».
De Velasco è nobile cognome di Conestabili di Castiglia. Almeno dal 1635 il conte Agostino q. Luigi investe tra Trezzo e Concesa, ritirando le proprietà di Leone Santo, condannato a pena capitale; dallo stesso anno, Giovanni de Velasco è castellano nel forte trezzese. Con testamento del 1642, Agostino istituisce un fedecommesso primogeniale sui possessi radunati, perché gli eredi maschi non possano disperderne il patrimonio. Vedova del Velasco, nel 1658 donna Isabella Rodriguez amplia e detiene i beni di famiglia, pervenuti in eredità al conte Emanuele Benedetto de Velasco, cui sono dunque intestate anche le particelle 952 e 794. Costui gode un largo patrimonio tra Trezzo, Concesa e Segrate quando, in ragione dei debiti contratti (tra l’altro, con alcuni banchieri di Vienna) è costretto alla pubblica vendita del patrimonio. Benché abbia carattere d’urgenza, l’operazione contravviene al fedecommesso ordinato dall’avo Agostino de Velasco. Il conte Emanuele Benedetto si consulta coi figli, il minorenne Antonio e la maggiorenne Teresa sposa al tenente colonnello de Laugen, prima di supplicare imperiale dispensa all’antica disposizione testamentaria.
Dal 1779 il senatore milanese don Gabriele Verri istruisce le pratiche per la pubblica vendita dei beni Velasco in Trezzo, Concesa e Segrate, affinché l’acquirente soddisfi di tasca propria i creditori del venditore insolvente. All’asta del 26 settembre 1780, che lo libera da ogni debito, Velasco non presenzia. Infittiscono le offerte finché Tommaso Caronno non si aggiudica anche i beni immobili di Trezzo e Concesa a nome di Giovanni Carlo Acquanio di Angelo Maria, residente presso la parrocchia milanese di Santo Stefano Maggiore. Dal 27 al 29 aprile 1799 le truppe austro-russe bivaccano nelle case dell’Acquanio come in quella del portinaro di Trezzo, il parone Antonio Pozzone, che risiede proprio sul rione Valverde. Oltre alla sottrazione di farina, limoni, vino e stuoie, si lamentano messi calpestate e danni tanto ingenti agli edifici Acquanio di residenza e affitto che riesce necessario l’intervento di fabbro, falegname e muratore. In sede di risarcimento, Giovanni Carlo non dettaglia la posizione dei singoli beni danneggiati; in Valverde, casa Pozzone soffre tuttavia saccheggi simili, testimoniando come la zona presso il Castello fosse specialmente occupata dalle truppe. Non è dunque improbabile che anche le proprietà alle particelle 952 e 794 patissero il bivacco.
Giovanni Carlo è padre di due figli maschi. Malgrado «liti e cause che pendono in famiglia», si associa l’emancipato erede avv. Angelo Acquanio nel governo dei beni famigliari; questi propone che gli vengano anzi cedute le proprietà giacenti a Trezzo in cambio di un vitalizio annuo al padre, come stipulato il 26 marzo 1806. Il secondo figlio di Giovanni Carlo è Giovanni, fin da bimbo invalido «per un’impetigine universale, che da capo lo copriva infino ai piedi, rendendolo deforme al pari di un vero lebbroso. Ora lo rivedo e lo trovo ulceroso nelle gambe, curto di vista, quasi afono». Così testimonia nel 1799 il medico di Trezzo perché, diciottenne, il giovane sia dichiarato inabile al servizio militare. Pur malato, Giovanni sopravvive al fratello Angelo, morto nel 1808. Con ultime volontà del 27 febbraio 1816 e successivo codicillo, Giovanni Carlo Acquanio residente al civico milanese 342 di via della Cerva tutela il figlio superstite, lasciandogli in ricordo anche un burò e il proprio orologio Bordier; devolve invece l’anello a rosa di fiamminghe brillantate alla nipote Giovanna, figlia del ragionier Francesco, fratello del testante. Ai fittavoli trezzesi, condona metà dei debiti pendenti. Oltre a diversi lasciti per i tre orfani dell’avv. Angelo Acquanio, l’uomo garantisce la propria vedova Maria Pellegrini.
Con donazione del 26 novembre 1823 «mosso da sentimento di benemerenza, il sig. Giovanni Acquaneo verso la signora Luigia Corti ved. Acquaneo di lui cognata per l’onorevole premura con cui da tanti anni si presta con decoro e prudenza al sostegno degli impegni della famiglia, cui non evvi sacrificio a cui non si sia sottomessa fino ad essersi resa assai cagionevole di salute in dipendenza della fatiche ed assidue cure; riflettendo che il defunto di lei marito mancato sin dall’anno 1808 senza testamento, non fu in grado di contemplarla menomamente ed il patrimonio dei di lui figli trovasi limitato […] si è egli perciò determinato ad un atto di liberalità e di lei riguardo».
A fronte di un vitalizio, l’improle Giovanni Acquanio favorisce la cognata donna Luigia Corte q. Ubaldo, vedova dell’avvocato Angelo Acquanio, al vantaggio dei cui orfani Carlo, Giuseppe e Francesca si ricompone progressivamente l’intero patrimonio famigliare. Alla divisione convenuta tra loro il 29 agosto 1832, la particella 952 ricade così nel piede C, assegnato a Carlo Acquanio. La mappa del 1753 accenna un modesto edificio su quel sedime; tuttavia, come nelle carte precedenti, l’atto conferma soltanto «varj orti situati sul piazzale dell’oratorio di Santo Stefano in mappa alli n. 794 […] e n. 952, pertiche 9. Goduti in affitto dalli Pietro Cozzi, Giuseppe Berva, Domenico Barzaghi, Carlo Arlati, Innocente Bonora e Giacinto Fumagalli detto Moneta. Coerenza a Levante vicolo al porto di Trezzo metà compreso ed a salto rientrante corte e casa del sig. Marocco, prima a siepe viva e morta compresa con una gabba ordinaria d’olmo, indi a muro di frontespizio lasciato. A mezzogiorno orto dello stesso sig. Marocco, mediante siepe viva e morta compresa ed a salto saliente il Piazzale di Santo Stefano fino a quello. A Ponente lo stradone diretto al Castello con siepe viva compresa, al di là della quali evvi moronata esteriore pure compresa. A Tramontana orto di Luigi Lovera a siepe viva lasciata».
Con scrittura privata del 22 novembre 1832, le cui firme sono autenticate dalla Pretura di Cassano, le congiunte particelle 952 e orto attiguo 794 vengono cedute dall’Acquanio ad Abele Cavenago q. Carlo (+ 9 giugno 1849). In modalità consimili, il 23 febbraio 1837 questi rivende i beni al fratello Ambrogio Cavenago q. Carlo (+ 7 ottobre 1848); entrambi sono livellari della prepositurale di Trezzo. Dal grembo della moglie Maria Riva q. Battista, Ambrogio solleva tre nati: Rosa Maria, Adelaide e il postumo Ambrogio Carlo (oste detto Brellina, iscritto alla Società Operaia di Mutuo Soccorso). A costoro, tutelati dalla madre, pervengono sul rione Valverde le particelle già dette 952, 794 più l’aggiunta 793, che per acquisto del 1836 annette finalmente a Nord l’ultima porzione di orto ex-Lovera verso il Castello. Risposata in secondi voti con Filippo Farina fu Francesco, Maria Riva ved. Cavenago rappresenta i figli minorenni per la vendita delle proprietà in Valverde a Giuseppe Perego q. Giovanni Antonio (1805-1887). Datata 19 luglio 1855, la cessione consente di onorare i debiti pendenti dei giovani eredi. Tra gli altri beni, l’atto descrive per la prima volta un «sedime di casa ad uso colonico in Comune di Trezzo, Contrada Valverde, costituito dal numero di mappa 793 […] dal numero di mappa 794 […] e dal numero di mappa 952 di tavole 9». Nei mappali del 1857 il 952 risulta l’unico edificato, a diversità dei numeri 793 e 794, adunati nel nuovo mappale 1106. «Al Caseggiato [fanno coerenza] a Levante sig. Bernardo Marocco, a Mezzogiorno in parte lo stesso sig. Marocco ed in parte piazzetta alla Scuola Comunale, a Ponente ed a Tramontana Strada Comunale».
Ancora nel 1854 l’edificio della particella 952 è censito quale casa, non colonica ma adibita a quell’uso, di 13 locali e «tendenza alla condizione mediocre»: «6 locali terreni e portico […] stalla, feniletto e portichetto, 1 locale superiore al portico», 6 altri locali e una piccola cantina. Forse in ragione di tardi aggiornamenti catastali, sulla spalla della registrazione si annota: «Da interpellarsi il proprietario dell’epoca della costruzione, se prima o dopo il 1828». Il rilievo descrittivo del 1854 e su mappa del 1857 testimonia l’edificio nei primitivi volumi, giunti a primo ampliamento solo entro il 1887. La casa al civico 68 di contrada Valverde insiste agli originari mappali 793, 794 e 952 quando il 21 dicembre 1868 Giuseppe Perego la cede a titolo di parziale permuta sull’acquisto della farmacia, tenuta dal dott. Celestino Masnini q. Giuseppe al numero 114 in una proprietà dei fratelli Bassi. Perego rileva il bancone speziale per il figlio Pericle, studente in Farmacia, pagandola in parte con «la casa posta in questo Comune di Trezzo nella via Valverde al comunale n. 68, distinta nella mappa censuaria del detto Comune dal numero 793 […] e dal numero 794 […] e dal numero 952 di tavole 9. Al quale Caseggiato fanno coerenza a Levante sig. Bernardo Marocco, a Mezzogiorno in parte lo stesso sig. Marocco ed in parte piazzetta alla Scuola Comunale, a Ponente ed a Tramontana strada comunale».
I tre mappali confermano il colloquio tra l’edificio e gli orti di pertinenza. Forse già minato nella salute, Masnini (nativo di Stradella) non abita la casa acquistata ma quella su via de’ Magri, dove muore quarantaseienne l’11 maggio 1869, avendo istituito erede universale la moglie Carolina Isimbardi q. Ferdinando da Barlassina con testamento olografo del 30 marzo precedente. Nel 1880 la casa della Valverde conserva 13 locali sotto la particella 68b, poi 1300; il mappale di rustico attiguo, 68a, riferisce invece in aggiornamento «terreno e superiore, stalla, fenile e portico costrutti su corte nel 1874». Sposa in secondi voti al trezzese Battista Perego q. Giuseppe, Carolina Isimbardi tiene la proprietà sulla prua della Valverde fino al 20 maggio 1905. In quella data, alla presenza del notaio rogante Giulio Cesare Cremonesi q. Carlo, vende all’industriale possidente Pietro Rolla q. Giuseppe «la casa con annesso giardino posta nel Comune di Trezzo d’Adda in via Valverde, civico numero 8, già in vecchia mappa col numero 793, 794 et 952 e nel censo attivato coi numero: 69, seminativo arborato.. 68, fabbricato rurale […] 1300, fabbricato urbano […] Nel catasto urbano: Casa di piani 2, vani 19 […] col detto mappale numero 1300. Confini: mattina Arnaboldi, mezzodì la stessa e Piazza San Stefano, sera via Valverde, monte strada Vittorio Emaneuele; il tutto con muri di cinta compresi».
Un tempo confinante con la proprietà dei faudatari Cavenago, costruttori di una secentesca villa alta sull’Adda, l’edificio d’acquisto Rolla confina nel 1905 con gli Arnaboldi-Gazzaniga che conseguono proprio la villa ex-Cavenago grazie al passaggio di proprietà Polti-Marocco. Entro la stesura dell’atto di compravendita Isimbardi-Rolla, compilato al trezzese civico 9 di via Torre, l’acquirente ha già versato le 9.000 Lire pattuite con la cessata proprietà. L’acquisto si colloca in esito alla riuscita economica dei fratelli Rolla: gli industriali tessili Pietro e Giuseppe col fratello Giovanni Battista, segretario comunale; tutti eredi di Giuseppe, agente nativo da Vedano al Lambro. Una serie di felici investimenti ambienta l’ascesa famigliare Rolla, che esordisce con l’acquisto delle cave a dismissione sul promontorio visconteo di Trezzo poco oltre la diffida del Genio Civile, che ne scoraggia la coltivazione già dal 1879. Da Cesare Corda, i Rolla comprano qui terreni fin dal 1887; nel 1893 rilevano quelli dell’ex-cava di Antonio Borromeo. Infine, nel 1897, acquistano l’edificio Corda noto come Castello in 2 piani e 9 vani, accomodati a residenza civile dall’acquirente. Intanto, gli industriali Rolla ottengono nel 1892 la concessione a derivare dall’Adda l’acqua utile ad animare su turbina idrodinamica l’impianto tessile, che trasferiscono sul promontorio dall’originario sito di via Circonvallazione. La sede primitiva viene così veduta, nel 1898, al capomastro Ambrogio Tolla q. Giuseppe e a Luigi Carrera q. Giuseppe. L’acquisto della casa in Valverde si colloca così in esito all’ascesa della famiglia Rolla: Pietro rileva l’edificio sorto sull’antica proprietà de Velasco e, al fianco del fratello Giuseppe, si versa nell’imprenditoria e nella politica locale.
Fonti. Agenzia delle Entrate, Archivio storico, volture; Archivio di Stato di Milano: Atti dei Notai, Atti, cart. 44734 (not. Gio. Antonio Gariboldi), cart. 49448 (not. Francesco Franzini), cart. 49037 (not. Ambrogio Recalcati), cart. 49634 (not. Giuseppe Giusti), cart. 49234 (not. Giuseppe Maria Gianorini); Catasto, cart. 9245 (Atti di formazione); Catasto, Trezzo sull’Adda, Mappe; Catasto, Registri Ute, bob. 8 fot. 124; Catasto, 1851 bis, Descrizione beni di seconda stazione; Catasto, Petizioni Trasporto Estimo, cart. 1830, 1895 e 1903; Famiglie, cart. 1538; Notai Ultimi Versamenti, cart. 1647 (not. Giovanni Pavia), cart. 3400 (not. Nicola Zerbi), cart. 1882 (not. Gaetano de Simoni); Giovanni Sitoni di Scozia, Teatro genealogico, ad vocem. Società Operaia di Mutuo Soccorso di Trezzo, Archivio storico, Elenco soci, 1897.
Bibliografia. Rinaldo Beretta, Cornate d’Adda, Carate Brianza 1953; Cristian Bonomi, Le rive al porto e il traghetto di Trezzo, ivi 2017; Cristian Bonomi, Sergio Confalone, Italo Mazza, Ditte e botteghe del Novecento a Trezzo, Comune di Trezzo sull’Adda 2012; Paola Barbara Piccone Conti, I vescovi Gerolamo e Domenico Valvassori di Trezzo sull’Adda, Comune di Trezzo sull’Adda 2012, p. 49; Rino Tinelli, Trezzo sull’Adda, Cartografie e Vedute, Capriate San Gervasio 2001.
Gratitudini. Davide Dozio (archivista AsMi), Luca Rolla e Rino Tinelli per la documentazione storica offerta alla ricerca.
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