Villa Gina è la casa alta sulla riva di Concesa: fu presidio fortificato, villeggiatura nobile del casato Bassi ma soprattutto proprietà di Pietro Moscati, l’archiatra di Napoleone Bonaparte
Don Giacomo Bianchi, parroco di Concesa fino al 1838, censisce il suo gregge per abitazione: «Dirimpetto alla Chiesa – scrive – Moscati, Cereda, del Cardinale, di mezzo, della riva, casa della Camera, nel “Convento”, Cassina Bandeggiata». Non figurano ancora Cascina Paradiso, di cui oggi sopravvive solo la via omonima, né la «curt dal Cairo». Su tre piani, quest’ultima fu edificata dall’ing. Ambrogio Tolla con i laterizi avanzati alla nuova parrocchia. Lo stabile, che sorgeva dov’è ora la scuola elementare, diroccò qualche decennio dopo. Più riconoscibile, nello scritto del curato, è la casa «di rimpetto alla chiesa» meglio nota come «curt di pret, di sacresta o di tabachett». L’edificio, già proprietà Appiani, s’affacciava sulla piazza illuminata da due fiochi lampioni. «Credere, obbedire, combattere» era il motto, poi imbiancato, che coronava l’entrata della corte. Almeno finché la casa del fascio ebbe sede alla «svolta» che dalla piazza scende in «piasèta» verso villa Gina.
Qui s’insediarono i Tedeschi e, dopo di loro, gli Americani che gettavano dalle balconate chewing-gum, spazzolini e dentifricio. I partigiani s’appostavano invece sul vecchio campanile. Allora parecchi sfollati milanesi giunsero a Concesa, portandosi appresso una radio, sintonizzata di notte su Londra: nelle cantine. Prima l’unico apparecchio del paese veniva esposto al balcone sopra la «porta verda», una macelleria a nord della piazza, perché diffondesse i discorsi del Duce. La gente si adunava per ascoltarlo, e c’era persino chi plaudiva. Dava su Piazza Grande anche una delle tre osterie paesane, quella «del Cacciatore». L’esercizio era adiacente alla «curt di pret» e, quando il cascinale fu demolito, i gestori (Colombo) riaprirono una tabaccheria nello stesso punto: sotto il porticato di Piazza Cereda. Al suo ciottolato («risciaa») guardava forse la più parte dei caseggiati riferiti da don Bianchi.
«Già villa del medico Moscati»: così Ignazio Cantù si riferisce a Concesa nella sua «Guida per la Brianza» (1837), citando nell’odierna villa Gina l’antica villeggiatura del clinico. Pietro Moscati (1739-1824) fu medico insignito da Napoleone e cattedratico all’ateneo di Pavia. L’arch. Italo Mazza ha documentato come l’archiatra del Bonaparte tenesse l’edificio concesino in “La casa sulla ripa di Concesa” (Trezzo, 2007).
Tra i domicili della sua parrocchia don Bianchi cita anche il convento carmelitano che, soppresso, alloggiava allora sei famiglie. A chiudere la lista è «Cascina Bandeggiata», così detta perché pare desse ricovero a certi briganti. Fu rassettata negli Anni Venti dal conte Bruno Antonio Quintavalle che sull’ingresso volle inciso il ciceroniano elogio dei campi, tratto dal «De officiis»: «Tra tutte le attività da cui ci si aspetti una ricompensa, nessuna è migliore dell’agricoltura – traduciamo – nessuna più florida o più dolce, nessuna più degna dell’uomo libero». Più che parole, echi.
4 Responses
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[…] di orti perché il nobile ci ricavi i giardini dell’edificio che sta rassettanto: l’attuale Villa Gina (Archivio di Stato milanese, Fondo Notarile, Filza 50576) Una nipote di Pietro, Teresa Cereda, […]
Paolo Bassi, podestà della Milano insorta - 1848 - IO PRIMA DI ME
[…] amico e matematico. Affida all’architetto Luigi Cerasoli il restauro concesino dell’attuale villa Gina, morendo nel 1855 prima di vederlo […]
Katia Locatelli
Buongiorno ho visitato villa Gina e vorrei sapere da dove risale il nome?
Cristian Bonomi
Buongiorno Katia, Gina era la moglie di Gino Canto, direttore della tessitura ex-Crespi dopo la cessione del 1929 alla STI: fu costui a rintitolare la villa alla moglie. Un saluto, c.