Se Paolo VI diceva della politica che è la più alta forma di carità, Angelo Lecchi passò da quelle parole al proprio gesto politico: devoto, laborioso e appassionato.
Al civico trezzese 7 di via Galli, Angelo Lecchi lasciò la coppola che indossava sui riccioli ancora scuri, appena diradati dai suoi 81 anni. Da mercoledì 28 gennaio 2009 non apre più gli occhi miopi e azzurri sulla Bibbia in tre volumi, quella accanto alla scrivania, o sui quadri alla parete: l’Ultima Cena e il panorama incorniciato di villa Gina a Concesa. L’edificio è ancora sede del Parco Adda Nord, che Lecchi diresse dal 1996 al 2002.
Nato il 27 febbraio 1927, Angelo era il primo dei sette figli che Maria Cereda dette al falegname Giuseppe Edoardo Lecchi nella casa che questi costruì in via Martesana, quando ancora si chiamava «strada dei Mulini». Lo fece con gli scarti della cava trezzese che, in Val di Porto, il dialetto chiamava «Ciapéra». Nella cucina che oggi è sala, al piano terra, papà Lecchi buttò nella stufa la tessera di «Figlio della Lupa» appuntata al piccolo Giampietro: «perché tu sei figlio mio!», disse l’uomo. Mancando il ponte, nel 1945, otto bombe alleate colpirono l’argine dell’Adda sollevando detriti fino all’edificio.
«Erano le 14.30 e manco suonò l’allarme aereo – spiega lo stesso Giampietro, fratello di Angelo, che ancora oggi abita la casa – le esplosioni sollevarono fin qui massi e terra: della villa vicina una pietra da 2 quintali sfondò il tetto, il soffitto e finì sul letto di una camera al primo piano». Negli orti dei Lecchi piovvero i detriti che papà riutilizzò, erigendo una cappella alla Madonna. Questa devozione con le mani capaci e quel fare politica senza tessere Angelo li ereditò entrambi.
Congedate le elementari, iniziò il biennio d’avviamento agricolo alle scuole trezzesi di piazza Crivelli ma concluse a Bergamo il terzo di industriale, frequentando anche la «casa dello studente» dei cui ex-allievi non mancava i raduni. Fu la sua professoressa di francese a segnalarne le capacità ai dirigenti della ditta Borletti, a Milano, dove venne subito assunto. Prima della pensione, raggiunse la carica di vice-dirigente col compito di analizzare i tempi e i costi di produzione. Qui conobbe Peracchi e Negrini, con cui organizzò i cattolici nell’azienda, dove invitò a lavorare anche una settantina di compaesani: tanti da richiedere un pullman che li portasse in città. Aderì al sindacato clandestino milanese.
Maturò poi la sua adesione alla DC, divenendo nel 1955 segretario della sezione trezzese. Viveva l’esempio politico di Alcide De Gasperi, conservando ogni articolo di giornale che trattasse di lui: materiale che raccolse poi in una pubblicata biografia col fratello Giampietro. Sotto l’amministrazione democristiana di Umberto Villa, il commerciante in carbone che allacciò il metano ai Trezzesi, Lecchi fu designato assessore all’urbanistica. Erano gli anni del primo semaforo e del nuovo acquedotto. «Mio fratello Angelo – prosegue raccontando Giampietro – alle volte veniva accompagnato a casa, perché in consiglio comunale parlava temerariamente». Ad allora risale anche il primo nucleo della colonia eliofluviale «San Benedetto», eretto in legno proprio da papà Giuseppe Edoardo Lecchi detto «’duardìn».
Angelo Lecchi, dal Consiglio Comunale alla Presidenza PAN
Quand’era assessore, Lecchi affiancava il sindaco Villa nelle sue visite ai Trezzesi degenti presso gli ospizi del circondario: ci andavano la mattina di Natale, rincasando magari nel pomeriggio. Lo ricorda la cugina Delfina Lecchi, nata pochi metri e pochi mesi più in là. Diventava intanto membro del consiglio amministrativo dell’ospedale vimercatese e dell’USL locale. Non c’erano vacanze.
Teneva per sé solo il 19 agosto, partecipando in Trento alla commemorazione ufficiale di De Gasperi, che la cattiva salute gli fece disertare solo la scorsa estate. E allo statista, nel cinquantesimo della scomparsa, dedicò anche una raccolta anastatica aggiornata degli articoli scritti per la sua morte. «Era il 2004 – rammenta Giampietro – quando aiutai mio fratello a rassettare il volume, edito in mille eleganti copie, costato 16mila euro, recensito sul “Corriere della Sera”, presentato a Santa Maria delle Grazie dall’On. Patrizia Toia». E ovviamente non firmato da Angelo Lecchi.
Tre province contendevano l’assegnazione della presidenza al Parco Adda Nord quando, tra il 1996 e il 1998, ne fu eletto commissario straordinario Angelo Lecchi. Confermato poi presidente nel quadriennio successivo. «Ad Angelo Lecchi toccò il compito di far “ripartire” il Parco Adda Nord dopo un periodo difficile – ha riconosciuto Agostino Agostinelli, presidente PAN fino al 2016 – ci riuscì con vera dedizione». Osteggiò la cementificazione nei pressi del fiume. Dal 1996, il municipio trezzese distribuisce una benemerenza civica biennale: la «Situla d’Oro» la cui idea era stata suggerita giusto da Lecchi, nella forma di un «Addino d’Oro». Nel 2016, gli è stata assegnata quella alla memoria.
Angelo Lecchi fu notaio attuario per la Beatificazione di padre Benigno Calvi. Insieme al vice-postulatore, il compianto padre Gerardo Bongianni, raccolse cioè le testimonianze necessarie ad accertare l’eroicità delle virtù esercitate dal beatificando inzaghese. Andò fino a Parma per trascrivere quella di una monaca, salvo poi scortarne la raccolta in Vaticano. Gli competeva lo spoglio e il riordino della documentazione, avendo al fianco Delfina Lecchi, “scrivana” del processo.
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