La Calunnia di Cristoforo Crespi

L’imprenditore e la calunnia. Dal 1903 il cotoniere Cristoforo Crespi viene travolto dall’inchiesta sullo schiavismo nella Somalia italiana. Ne esce prosciolto ma, in quei mesi, aggiunge un’opera insolita alla propria quadreria: «L’Allegoria della Calunnia» di Leonbruno, forse riflettendo sulla scottante vicenda. La collezione d’arte dell’imprenditore entra così in colloquio con la sua biografia.
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L’Allegoria della Calunnia di Lorenzo Leonbruno (1525) – Pinacoteca di Brera, Milano

Nel 1903 Cristoforo Crespi acquista per 1200 Lire «L’Allegoria della Calunnia», altrimenti nota come «La Fortuna» (1525), cinquecentesca tavola di Lorenzo Leonbruno. L’opera arricchisce la domestica quadreria che l’industriale colleziona al civico milanese 18 di via Borgonuovo. All’asta liquidatoria della galleria Crespi, battuta a Parigi il 4 giugno 1914, si aggiudica l’olio per 3000 Lire scarse la Pinacoteca di Brera che attualmente lo espone.

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Cristoforo Benigno Crespi nella centrale idroelettrica che promosse a Trezzo sull’Adda – Foto ASCAL in copia presso Raccolta Rino Tinelli, Trezzo

L’innocenza in figura di bimbo viene trascinata per i capelli al giudizio del tiranno. A condurla è Calunnia, che reca una fumosa fiaccola; Odio intanto le acconcia le trecce e Frode ne intreccia gli inganni. Invidia apre il corteo, rodendosi nel fisico, curvo per le tre sacche di sementi che porta al collo: cattive, peggiori e pessime. Accorda udienza ai quattro vizi il tiranno, cui la corona piega le orecchie d’asino come a Mida. Regge lo scettro tra le mani artigliate mentre Ignoranza e Sospetto lo consigliano. La prima siede grassamente ai suoi piedi ma impugna il timone per dirigere le sorti comuni; armato, il secondo affila le paure del sovrano.

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L’opera fotografata da Dino Zani (Fondazione Federico Zeri, Bologna)

Delle quattro virtù cardinali, gli opposti vizi siedono alto alla corte del tiranno. Dissimulazione indossa la maschera davanti alla bendata Imprudenza, cui non giova granché lo specchio per guardarsi le spalle. Rovesciata l’ancora che ne è simbolo, Fermezza diventa Pervicacia nel perseguire il male. Lussuria invecchia nel vizio e un satiro brutale piscia sul casto alloro di Dafne perché sono ormai disperse le virtù da incoronare con quelle fronde.

Alato vecchio, Tempo scruta: ecco il popolo salire le scale sotto un giogo di Servitù per scenderle bestialmente disperso in capre. Le virtù sono incarcerate dal vizio sovrano. Dall’incerta ruota, Fortuna getta ai vizi personificati corone e ricchezze; garrote e condanna alle figure relegate nell’angolo destro. La prima è Pentimento, velato da vili scrupoli: giunge tardo e inutile perché ha i piedi incatenati; intanto guarda a terra, facendo il gesto delle corna a Innocenza calunniata. Ultima viene Verità, svelata, scandalosamente danzante e vedova.

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Milano, Casa Crespi in via Borgonuovo, oggi
Cristoforo Crespi e l’arte della “Calunnia”

L’opera di Leonbruno è intensamente sovversiva, discostandosi dalla composta eleganza in cui Cristoforo Crespi sceglie i pezzi per la propria collezione. Cosa lo muove all’acquisto? Fondatore dell’omonimo villaggio operaio, l’industriale è anche socio pioniere della Società Anonima Commerciale Italiana per il Bènadir, costituita il 25 giugno 1896 con poteri di governo sulla Somalia meridionale.

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Il villaggio Crespi in cartolina fluviale – Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”

Il sodalizio di capitalisti lombardi ha l’ambizione di promuovere la coltivazione cotoniera nella colonia, salvo incorrere in accuse di speculazione e persino di schiavismo. Nel 1903, anno d’acquisto per la «Calunnia», a una prima indagine governativa segue quella promossa internamente dalla Società, coinvolgendo il fidato Ernesto Travelli. L’anno dopo però Luigi Mercatelli, nuovo console dello Zanzibar, istruisce un’ulteriore inchiesta dai risultati più sconcertanti. La Società ne viene travolta. Tra il 1903 e il 1904, anche Cristoforo Crespi è implicato nella conseguente causa giudiziaria, uscendone assolto.

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Cristoforo Crespi, foto ASCAL in copia presso Raccolta Rino Tinelli, Trezzo sull’Adda

«Una mattina, andando a scuola (ero ancora all’elementare), incontrai il Nonno – scrive Nino, nipote di Cristoforo Crespi, nel suo inedito “Una Vita” – Mi disse, e le sue parole mi colpirono, “Tu vai sul banco della scuola; io invece vado sul banco degli accusati in Tri­bunale!” Lo disse sorridendo ma con malinconia. Seppi più tardi che, per ragioni di concorrenza e per la malafede di personaggi influenti e politicanti, avevano accusato lui e qualcun altro (che io conoscevo) di essere un negriero. Con altri aveva, con la sua solita intuizione, fondato la “Società del Benadir” per sviluppare le piantagioni di cotone nella Somalia (italiana).. La causa giudiziaria ebbe esito felice per lui e i calunniatori ci ri­misero le spese del processo. Ma rammento che quella frase del Nonno allora mi spaventò; si impresse nel mio pensiero e nel mio cuore».

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Il villaggio Crespi fotografato da Nord – Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”

Mentre viene calunniato, Cristoforo Crespi aggiunge «L’Allegoria della Calunnia» alla raccolta d’arte, proprio negli stessi mesi in cui teme la sua innocenza venga punita per lo scandalo del Bènadir. Documentata, la contemporaneità dei due fatti lascia socchiusa un’ipotesi ancora da documentare: Cristoforo acquista il quadro come specchio della propria vicenda? Crespi trova consolazione e autobiografia nelle opere che l’asta del 1914 disperde? Là dove non la cerchiamo, tra i quadri della sua galleria, c’è la traccia dell’uomo che non è solo imprenditore? Cristoforo insonne, solo davanti ai suoi quadri.

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La passerella da Concesa di Trezzo sull’Adda alla riva bergamasca di Crespi – Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”

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