Poste, Lettere dall’America e postini locali. L’istruzione obbligatoria consente agli Italiani di scrivere dalle trincee della Grande Guerra o dalle terre, dove giungono in migrazione. Parole pacifiche o guerriere ordinano così alla distanza di non esistere, sbrogliando il corsivo delle calligrafie come fosse il gomitolo dei chilometri percorsi.
Poste, postini e postali: il timbro sulla busta
I postini Villa maneggiano all’ufficio delle poste trezzesi le avventurose lettere tra «Lamerica» e Trezzo. Il 20 giugno 1865 «il regio ministero dei lavori pubblici si compiace affidare a Giovanni Villa l’incarico di distributore delle lettere, pieghi e giornali giacenti in questo ufficio postale per non essere stati ritirati dai rispettivi destinatari entro la giornata dell’arrivo; autorizzandolo inoltre a percepire la mancia di cent. 5 per ogni lettera a piego e cent. 1 per ogni pacco di stampe». Gli succede Giuseppe Villa, postino incaricato ancora nel 1894, quando si posano due cassette di spedizione tra cui la più longeva alla pesa pubblica in piazza San Bartolomeo.
Quell’anno, l’ufficio delle poste viene trasferito nel locale del telegrafo presso la stazione della tranvia «Gamba da Lègn»: «sia per riguardo alla sicurezza che per riguardo all’ubicazione». Fin dal 1875 i municipi di Brembate di Sotto e Trezzo sull’Adda votano l’allacciamento alla linea telegrafica di Verdello, dividendo la spesa con la ditta «Giuseppe Morali» di Capriate. Il sindaco trezzese Emilio Mantegazza affida la pratica al nobile ing. Francesco Bassi, riferendo al Consiglio comunale che «pel modo con cui si svilupparono le industrie ed il commercio in questo crescente comune e per l’isolata sua posizione topografica che la mantiene lontano da ogni comunicazione, si è fatta rilevante la mancanza di un ufficio telegrafico».
Presso la nascente stazione trezzese del «Gamba da Lègn», si dota il locale di due armadi in abete, due bicchieri e una brocca per l’acqua, un temperino, due calamai e una lampada a petrolio, quattro sedie impagliate, il tavolo su cui scrivono i mittenti e quello del telegrafista. Riuniti al civico 5 via Garibaldi, poste e telegrafi sono affidati a personale «meritevole dell’intiera fiducia degli abitanti»: negli anni Trenta il direttore Corvi e la moglie, residenti al piano sovrastante l’esercizio; oltre al postino Giulio Pozzi, di cui proseguirono il mestiere il nipote Giovanni e il pronipote Alessandro.
La lettera oltre l’oceano
A Genova nel 1892 il bracciante trezzese Giuseppe Radaelli (1856) imbarca con sé sulla «Veloce» la moglie Gemma Beretta e la figlia neonata Luigia. Giunto in Brasile, si stanzia nella città di Carangola nel Minas Gerais, dove genera vasta discendenza. Suo pronipote, Antonio Radael Bodriges visita Trezzo nel 1991, riportando i documenti dell’avo migrante. La marca da bollo sul centenario passaporto reca il profilo baffuto di Umberto I. Antonio conserva anche una missiva, inviata al suo antenato nel 1929 dai nipoti Radaelli «Nasar» rimasti a Trezzo.
Da Cascina Giulia, su via Cavour, costoro scrivono: «Appena ricevuta la vostra cara lettera, ci abbiamo subito riscontrato, cioè nel giorno 2 di luglio del 1927 e dopo per un anno abbiamo aspettato vostra risposta ma senza riceverla.. Abbiamo ricevuto ancora di ritorno la nostra lettera. Noi dunque vedete che non ne abbiamo colpa – riferisce Ambrogio Carlo Radaelli (1877-1938) allo zio d’oltreoceano – Il mio padre Nazzaro era fuori di sé dalla gioia.. Si era messo in testa di voler venire in America con voi, malgrado la sua età di 86 anni». Custodita dai discendenti, una foto trezzese di Emma Mapelli (1905-2000) ancora bambina conferma la difficoltà delle spedizioni postali. Con incerta calligrafia, la madre indirizza lo scatto «Al mio marito», citando solo «America» per sommaria destinazione.
Fonti. Oltre alle interviste raccolte in tempi diversi: Archivio Parrocchiale di Trezzo, Fondo anagrafico; Archivio Storico Comunale di Trezzo, 25; Raccolta Rino Tinelli.
Dal Notiziario trimestrale di Trezzo sull’Adda, Giugno 2017
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