Il Santuario carmelitano di Concesa viene eretto nel 1647, grazie alla convenzione col cardinale Cesare Monti, stipulata del ferrarese Padre Giandamasceno di San Giuseppe: le sue spoglie si conservano in Cuasso al Monte (Va), lungamente incorrotte.

«Astratto dalle cose del mondo, amico della solitudine e del silenzio». Così la letteratura carmelitana racconta Padre Giovanni Damasceno di San Giuseppe, il Ferrarese cui l’Ordine deve la convenzione per l’insediamento nel santuario mariano di Concesa, accordata col cardinale Cesare Monti. Si spogliò del suo nome laico, Antonio Carli figlio di Giovanni Battista ed Eleonora Franchi, quando vestì lo scapolare a Monte Compatri nel 1625, professando a Santa Maria della Scala in Roma il 17 maggio 1626.

Pare lo incoraggiase all’abito un maestro dei novizi, venuto dalla Spagna. Là il cardinale di Milano Cesare Monti era stato nunzio apostolico, apprezzando i Carmelitani riformati da Santa Teresa d’Avila. Così, quando risolse di edificare il santuario di Concesa, non volle donarlo che a loro. «L’affetto singolare ch’io porto alla Religione vostra – scrive il Monti al Padre Generale degli Scalzi – mi ha fatto chiudere l’orecchie alle istanze di molti altri religiosi».

La trattativa iniziò nel 1637 ma andò presto alla deriva, perché quello del cardinale ai Padri era un dono esigente. Li obbligava a celebrare tra l’altro frequenti messe in suffragio dei discendenti Monti, sepolti presso l’abside concesino, che alla famiglia riservava anche tribune e alloggi attigui. Suffragi e ospitalità aggravavano la già dura regola del Carmelo riformato, che eludeva perciò l’invito a stabilirsi in Concesa. Almeno finché Padre Giovanni Damasceno non fu eletto undicesimo Provinciale di Lombardia, il 20 aprile 1646.

Dal Santuario concesino all’eremo di Cuasso: la morte del Padre mediatore
Era già stato priore a Faenza, nel 1641, esordendo le pratiche per l’acquisto della chiesa di Santa Maria Maddalena. E, passato un mese dalla nomina a Provinciale, il Definitorio Generale elesse Padre Giandamasceno mediatore per l’affido carmelitano del santuario concesino. Dopo aver inaugurato a Mantova il convento di San Nicola (6 dicembre 1646), il carmelitano eresse quello di Concesa il 27 marzo 1647 secondo la convenzione ritrattata col cardinale Monti.

Il 4 ottobre del 1647 Padre Giandamasceno visita l’eremo o, come allora si preferiva dire, il «deserto» carmelitano di Sant’Angelo Martire in Cuasso al Monte (Va), edificato dall’architetto Giovanni Battista Guidabombarda e oggi convertito in struttura ospedaliera. In quel chiostro il carmelitano muore improvvisamente tra il silenzioso coro dei monti. La sua salma, a lungo incorrotto, fu composta in una cappella antistante la locale parrocchia. Da lì i devoti lo portavano un tempo in processione, invocandolo come «il Beato».

A ispezionare nel 1979 le spoglie del Padre, cui si deve l’erezione carmelitana di Concesa, furono proprio due frati di questo convento. Rassettarono il tempietto e rivestirono la salma di un nuovo saio, bruciando quello antico. «Sul teschio del Padre Giandamasceno ne è riportato a inchiostro il nome – ricordava Padre Gerardo Bongioanni, a Cuasso nel 1979 – Il resto del corpo è intatto ma “incartapecorito”; motivo, questo, di devozione per gli anziani e di curiosità per i giovani». A chi visita la tomba del Ferrarese, che si scalzò carmelitano, un cartiglio ripete: «Da terra il vol drizzò verso le stelle».
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Per approfondire:
- Gerolamo Villa (a cura di), Santuario della Divina Maternità e Convento dei Padri Carmelitani Scalzi in Concesa, 1991;
- Cammino Teresiano.
Circa il chiostro di Concesa:
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