La Madonna dell’acqua. La somma delle devozioni mariane nella valle abduana rimanda alle forme femminile del fiume, che i Celti veneravano in figura di dea. Il Cristianesimo traduce questa liturgia d’acqua nel culto a Maria, tessendo una generosa tradizione di grazie e santuari.
Il culto cui più si affidavano marinai e lavandaie dell’Adda era quello alla Madonna: una devozione d’acqua frequente su entrambe le rive della valle fluviale. A Santa Maria del Lavello, in Calolziocorte, tra il 1480 e il 1568 sono censiti 52 eventi miracolosi; guarigioni ottenute al fonte di quella chiesa, rinvenuto in loco dall’eremita Giacomino il 25 aprile 1480 sotto un’antica sepoltura mentre lavorava al riordino del santuario.
Fin dal 1855, alla terza domenica di settembre, Brivio porta in processione sull’acqua la statua dell’Addolorata cui si votò durante l’epidemia colerica di quell’anno. Ancora all’Addolorata si inginocchiano i fedeli presso la Rocchetta di Airuno.
A Imbersago, il Santuario della Madonna del Bosco sorge invece all’incrocio di più episodi prodigiosi. Il 9 maggio 1617 alcuni pastorelli trovano un riccio contenente tre castagne mature fuori stagione e fuori paese, proprio dove sorgerà il luogo di pellegrinaggi. Una vedova e una giovane assicurano inoltre di aver sentito lì musiche angeliche. Devota alla Madonna, certa Gorella viene assalita lì dal marito con una falce, gettata in Adda ma tratta viva all’altezza dei mulini. Questi tre eventi menziona concretamente il notaio Pietro Calco, cui si aggiunge la più leggendaria vicenda del bimbo, salvato dalle fauci di un lupo per l’apparizione della Vergine sopra un castagno.
Nel 1632 la vivace predicazione di un cappuccino e la fine della pestilenza inducono i Landriani a donare la proprietà su cui l’architetto Carlo Buzzi progetta a doppio ottagono il primo corpo del santuario di Imbersago. Una trentina di persone prestano gratuito servizio al rinnovo dell’edificio, ampliato nel 1677 e quindi nel 1888.
Allora bambino il bergamasco Angelo Roncalli, poi papa Giovanni XXIII, saliva tra gli altri pellegrini la scala verso la chiesa che dichiara poi Basilica. Per il tramite del cardinal Montini, il papa buono dona alla Madonna di Imbersago una collana d’oro e gemme, offertagli dal governo argentino. Nel luogo si conservano 112 ex-voto per grazia ricevuta, esposti nelle stanze che ospitarono il beato card. Alfredo Ildefonso Schuster.
Più a Sud, sotto la parrocchia di Porto d’Adda la Madonna della Rocchetta veglia l’Adda e il naviglio di Paderno a 204,2 metri di quota. Edifica qui l’oratorio Bertrando da Cornate, nel 1386, chiamando a custodirlo gli Eremitani di sant’Agostino finché i Visconti non fortificano la sommità nel 1428. Il fortilizio conta su una cisterna per l’acqua piovana capace di 150 mq. Rifugio di briganti, viene demolito nel Seicento, risparmiando solo la cappella restaurata col 1992.
La Madonna dell’Acqua, oggi “del Barcaiolo” presso Concesa
Cancella la macchia della sete, l’acqua. E la Madonna fu accostata alle fonti anche lungo l’Adda. Sulla riva orientale la parrocchia di Cerro, frazione di Bottanuco, è dedicata alla Visitazione di Maria: qui pellegrini, molti Trezzesi perirono in naufragio nel 1792. Alla parrocchia di Trezzo la Regina Pacis offre invece al figliolo, con gotica eleganza, l’ampolla di un fiume docile e fecondo.
Sulla casa del custode delle acque, demolita in frazione Concesa entro il 1947, la quattrocentesca «Madonna dell’Acqua» rassicurava chi imboccasse il Naviglio a Concesa: opera stilisticamente attribuita senza certezze a uno tra gli Zenoni, maestri da Vaprio d’Adda, probabile autore di un’opera simile presso la chiesa cimiteriale della “Morte” di Ruginello vimercatese.
Strappata prima della demolizione e ricoverata agli archi sottostanti Villa Gina, l’opera è oggi ospitata a Concesa nelle vicine sacrestie dei Carmelitani Scalzi, che la invocano quale «Madonna del Barcaiolo», cui l’ottimo Padre Gerardo Bongianni dedicò anzi un inno.
Il loro convento ombreggia un fonte miracoloso. I primi pellegrini ne sorbivano soprattutto il venerdì. L’abbondante vena s’assottigliò dopo lo scavo del canale sotterraneo (1948-1953) in cui l’Adda derivata raggiunge la centrale ex-Italcementi tra Vaprio e Groppello. Ma questo non impedì alla devozione mariana di confermarsi liturgia dell’acqua.
Nel ‘500 disseccò a Concesa quella prodigiosa che sgorgava sotto l’immagine della Vergine, dipinta sul campanile della parrocchia. Si vuole la sorgente inaridisse quando due cacciatori vi gettarono un segugio idrofobo: episodio largamente frequentato dalle leggende lombarde di culto acquatico.
Monsignor Melchiorre Pozzi trattò in edizione la vicenda, il cui resoconto incrociamo però con un memoriale secentesco: quello di Padre Anselmo della Madre di Dio, figlio del capitano spagnolo che reggeva allora il forte trezzese. Il primo narra come i Buraghi, vignaioli dei locali signori Lattuada, sarchiassero un terreno antistante il naviglio concesino quando videro zampillare l’acqua miracolosa che il paese credeva smarrita. I devoti elevarono una preghiera: le loro offerte una cappella, poi ampliata in santuario.
Padre Anselmo avverte però che, dove oggi sorge la chiesa conventuale, già sgorgava una «Acqua della Madonna» in cui si riversava lo zampillo sturato solo poi dai Buraghi. Aggiunge che nel prato attiguo i salici recavano affissa l’immagine della Vergine ben prima che il prevosto di Concesa commissionasse al fratello pittore quella ancor oggi venerata. Ne fu autore il trevigliese Giovanni Stefano Manetta, attorno al 1610. A dire che un angelo compì il volto della Madonna è una leggenda piuttosto tarda.
Certo è invece che, nel dicembre 1650, il pittore genovese Domenico Benvenuti cercasse invano di copiare l’opera. La fece levare dall’altare ma, come ratificano due testimoni, i colori che stendeva sulla tela si convertivano negli opposti. Benvenuti concluse che Maria non volesse farsi effigiare da mano umana, e rinunciò.
Fu forse suggestione? La stessa che nel ‘700 impedì di sparare a un soldato con già l’archibugio puntato sulla Madonna di Concesa. Non si contano gli ex-voto lasciatile dai graziati di cui, nel 1888, il barnabita padre Francesco Alessandro Piantoni (professore di grammatica in Monza) pubblicò 36 nominativi storici. Tra loro anche «Giambattista Martinez, catalano, soldato di presidio nel Castello di Trezzo».
La nuda maternità della Madonna, intenta ad allattare il figlio, scandalizzò alcuni alti prelati dell’Ottocento ambrosiano. Per qualche tempo celata da un pettorale in argento, la nudità di Maria fu infine corretta col pennello. La Madonna di Concesa offrì al figlio il seno coperto finché, nel 1971, il decoratore bergamasco Taragni pulì la tela da ogni addizione.
Nel ‘700 il conte Melzi da Vaprio richiese a Parigi un cristallo per sostituire quello opaco e composto che proteggeva l’opera. La lastra fu trafugata sulle Alpi, costringendo il benefattore a sborsare 167 scudi per ordinarne un’altra. Ma infine il vetro arrivò, ignaro simbolo dell’acqua in cui la Vergine s’era specchiata. La devozione per la Madonna di Concesa ha tale eco che se ne rinviene spesso copia presso edicole votive, a Capriate d’Adda non distante dalla parrocchiale e a Gorgonzola presso il naviglio Martesana.
Verso Sud, la devozione alla Madonna di marinai e lavandaie
Proseguendo sul fiume, a Est il villaggio operaio di Crespi d’Adda titola ugualmente la parrocchia a Maria mentre la Madonna di Vaprio d’Adda è affrescata sulla cinta del vellutificio storico Visconti di Modrone: reca la ferita infertagli da un colpo di fucile tedesco durante l’ultimo conflitto mondiale.
Oltre, a Cassano d’Adda, l’oratorio di San Dionigi offre al culto nella cappella laterale la Madonna del Pilastro, strappata in antico e collocata qui per migliore decoro. Da mesi muto e storpio, per lo sgomento d’aver visto un viandante decapitato dai briganti, nell’agosto 1615 il quindicenne Francesco del Campo da Gussago viene condotto in pellegrinaggio alla tomba milanese di San Carlo Borromeo per riacquistare parola e gesto.
Lungo la via per Milano, i genitori del ragazzo Matteo ed Elena Bonomi lo conducono per la messa nell’antica chiesa di San Dionigi, su invito di un devoto cassanese. Specie la madre incoraggia Francesco perché si raccomandi alla Madonna. E, a quelle parole, il ragazzo cava da sé il rosario di tasca e inizia a sgranarlo tra gli esclamativi dei presenti: «Grazia!». Due distinte istruttorie indagarono la vicenda, prima di proclamarla miracolosa. Il 18 febbraio 1616 l’immagine, coperta per cautela da un assito, viene restituita al culto.
Attraversata l’Adda, centri mariani di maggiore richiamo sono la Madonna delle Lacrime presso il santuario di Treviglio e quello eretto a Caravaggio: un luogo forse più celebre fra i modesti culti fluviali, sulla cui traccia pagana il Cristianesimo seppe sovrascrivere però la devozione a Maria.
Per approfondire:
– Fabio Bonaiti (a cura dì), Il santuario di Santa Maria del Lavello a Calolziocorte, Oggiono 2013;
– Gerardo Bongioanni o.c.d., Appunti integrati durante interviste da lui accordate;
– Virginio Longoni, Imbersago: Il fiume, le torri, le chiese, le ville nella storia di Imbersago, Missaglia 2002;
– Carlo Valli, L’oratorio di San Dionigi e la Madonna del Miracolo in Quaderni del Portavoce n. 8, Caravaggio 1986;
– Gerolamo Villa (a cura di), Santuario della Divina Maternità e Convento dei Padri Carmelitani Scalzi in Concesa, 1991;
– Francesco Alessandro Piantoni, barnabita, La Madonna di Concesa, Piacenza 1888;
– Angelo Porro (a cura di), Cent’anni di vita a Cornate d’Adda, Cornate 1991.
__________________
L’associazione “Università del Sapere” ha restaurato gli ex-voto del Santuario Carmelitano in Concesa, presentandone un fascicolo a commento domenica 6 novembre 2016. La “Università del Tempo libero” di Gorgonzola ha indagato invece gli ex-voto presso il Santuario della Madonna del Pilastrello a Inzago in “La vita quotidiana negli ex voto” (2013).
Rispondi