Angelo Minelli, il dialetto a stampa

Tra computer e calamaio, è ormai un anacronismo parlare o scrivere in dialetto lombardo? La risposta in un foglio, «Balverda», pubblicato per vent’anni dal trezzese Angelo Minelli.
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Angelo Minelli

Frenava le ruote sottili della sua bicicletta, metteva via quel sorriso da Fernadel e ti fermava con un lazzo di due parole: «Scoltum me!»; ascolta me. Angelo Minelli («Angiulìn di Bòcc») aveva lo sguardo color «Balverda», il periodico in dialetto lombardo che pubblicò dal 1986 al 2007; canizie all’indietro e contadine le mani. Diceva «Porco ccane!» con due «c» prima di chiamare fuori dal passato mons. Giuseppe Grisetti, la nobildonna Costanza Bassi. Li citava accanto ai più nostrani «Pedar Negar» o «Pin dal Matt» senza che bisticciassero. Le prossime pagine in castana nostalgia se le sarebbero meritate loro, decidemmo, e la decisione era di pessima grappa.

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Il tipografo ciclista

Il computer («’l vertical», l’organetto) dormiva sotto uno strofinaccio all’angolo della cantina con vicino una stampante da guardia. Centinaia di ritagli e nomi pronti, silenziosi, disordinavano le stanze. «Ta m’è matuu ‘l righel in pertach ancamò!» disperava Minelli, battendo la riga in legno sulla schermata: mi hai messo di nuovo in pertiche il righello di word. Ammetteva che la sua prosa fosse naif: scalza e senza punteggiatura. Prendeva la rincorsa dalla «Baratöla» (nana della mitologia dialettale) e, «l’è gh’è dent töt!», (lì tutto è riassunto) cadeva sulla poltrona da cui la polvere scappava. «Corpo 12, Zurich o Souvenir, negar – poi, come un “amen” – scrif!»; scrivi.

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Minelli mostra “Forza Tritium”

Ad apparecchiare in pagina, però, non c’era consiglio che gli servisse. Luce, scotch, bisturi. «Menga cum’è chi giurnalesti sempar tiraa a pomis – sorrideva – che sa capes gnaa sa van a laurà o a spusa!»: non come quei giornalisti sempre tanto eleganti che non si intende se vadano a nozze o al lavoro. Impaginazione casereccia, vent’anni di dialetto complice e selvatico. «Imbastisum amò ‘l giurnal cum’è quant i cardech eran da lesca – fu l’ultima cosa pubblicata insieme: “impaginiamo il giornale come quando le sedie erano impagliate a mano” – Emm pruaa a sta lè i nocc per metala giò pulito, ‘na quei pagina: riscia so ‘l titul, slarga la didascalia, rusa dent la fotu. Vem in lecc cont i maa burdigaa da “Balverda”. L’è inscè: “abbiamo chinato le notti su questo giornale, asciuga quel titolo o amplia quella didascalia sotto la foto. Ci portiamo a letto la Balverda sulle mani”».

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Angelo in caricatura

Più che abitanti, Trezzo reclama amanti come chi lesse e leggerà questo foglio «faa cum’è l’aria ca sa respira – diceva lui, fatto come l’aria che si respira sotto il sole – ala manera ciarusa». «Angiulìn di Bòcc» lo ha pubblicato in dialetto lombardo fino a diventarne il sinonimo: era la sua insonnia, la sfida, la sua consolazione; ma non voleva portare «Balverda» con sé nel silenzio. Il 1° luglio 2007 si spezzavano i suoi quasi 79 anni, tutti trezzesi a parte i mesi lasciati nei settimanali di Varese. Era l’addetto alle pubblicità de «L’Italia», «Avvenire», «La Notte». E, prima della naia a Casale Monferrato come caporale maggiore istruttore, aveva imparato il mestiere alla tipografia trezzese «Crespi» di Piazza San Bartolomeo. Ci bussò dopo le vicine scuole d’avviamento professionale.

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Quindicenne, assestava le sue prime righe con quelle mani robuste e sincere, che avrebbero sfidato il computer: o persino il violino cui tentò d’avvicinarsi da giovane. Nel 2001 la morte della moglie, Fernanda Ronchetti, innescò il conto alla rovescia per la sua: e proprio la notte del 30 agosto, Angelo Minelli si svegliò di soprassalto chiedendo di lei. Di «Nanda». Lo abbiamo accompagnato all’altare, all’incenso e alla terra con cui ora si confonde. Ma gli dobbiamo ancora troppi «grazie» per «Forza Tritium», «In Cammino»: periodici sportivo e parrocchiale; per le briscole indimenticabili e dimenticate, per gli alti brindisi, per i volti color seppia che ha difeso dall’oblio. Ha ricordato, Minelli, finché non è diventato lui pure qualcuno di cui è bello ricordarsi.

VENTENNALE BALVERDA – IL PORTICO (Vittorio Riva della compagnia teatrale “Il Portico” ricorda Minelli)

4 Responses

  1. Alessandro Pozzi

    Bravo ! Bellissimo ritratto dal MINEL.

    • Cristian Bonomi

      Grazie Sandro! Di come si fa un giornale ho imparato più da lui che in redazione.

  2. riva vittorio

    l’ultimo numero non è uscito. Mi aveva chiesto un articolo sul Portico, sul teatro dialettale , qualche notizia… Io lo sapevo già malato e scrissi l’articolo dedicato a lui e a Balverda. Te lo passo sulla posta. ciao

    • Cristian Bonomi

      Ciao Vittorio! Cito volentieri il testo a integrazione dell’articolo su Minelli.

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