Vita paziente e memorie future

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Nonna, nonno, Alessandro Bassi, Gerardo Bongioanni: senza che pretendessero di insegnarmi, ho imparato da loro qualcosa che queste parole forse sciupano.

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Elisa e Luigi fidanzati lungo l’Adda (1949)

Per alcuni motivi noti e per ignoti altri, smisi di andare con nonna Elisa (1932) alla messa natalizia di mezzanotte quando ero bambino. Per venti Natali lei si è comunque tenuta accanto un tratto di panca libera per me, senza mai implorare o ingiungere che mi ci andassi a sedere. L’ho saputo da una vicina di casa. Da allora, non manco di raggiungere nonna, che siede felice d’incenso. Eppure, la prima volta che mi presentai, Elisa non sollevò nemmeno un sopracciglio di stupore, perché sperava fino a credere e credeva fino a sapere quella certa venuta. La sua attesa ha la sincera fragranza del pane, tutta la pazienza del lievito e la spezia dell’amore. Nonna viene da cascina San Benedetto, nonno Luigi (1927-2017) da Belvedere. Testimone il fiume, le due strade convergevano a un cippo segnavia: verso Trezzo, chi tra loro passava per primo ci appoggiava sopra una pietra, perché l’altro capisse che era atteso in paese. Anche in montagna si posa un sasso per insegnare il sentiero a chi venga dopo, ma io sono su quello giusto?

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Sottotenente Alessandro Bassi
Il silenzio verticale

Molte delle mie guide sono partite per la meta più lontana e mi chiedo chi ci sia in cordata davanti a me. Da ragazzo, domandai al nobile monarchico Alessandro Bassi (1917-2015) se riteneva l’attuale discendenza Savoia potesse reggere le sorti d’Italia: «Non posso parlare, – rispose – per me quest’argomento è sacro». Facevo un sacco di storie con chi la storia l’aveva fatta, meritando in Sicilia un encomio sul campo militare (1943). Il suo verticale silenzio lasciava le mie chiacchiere in pianura, come quando si dosa il fiato per ascendere alle vette. Il capitano Bassi pronunciava maiuscola la parola “Patria” quasi per scioglierla sul palato. Se baciava la mano a signore o sacerdoti, si rialzava più alto; ma la vergogna m’impacciava troppo perché riuscissi a imitarlo.

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Padre Gerardo Bongioanni celebra sul fronte albanese
Il sapere con le mani giunte

Al chiostro di Concesa, ero sempre incerto se baciare o stringere la destra a Padre Gerardo Bongioanni o.c.d. (1914-2006). Nel suo ultimo tempo, rincasò al convento dall’ospedale di Treviglio e anch’io lo vegliai per qualche ora. Le sue parole si fecero occhi, che già guardavano lontano: mi prese la mano e la baciò lui a me, con gesto incalcolabile e rovesciato. Nel 1938, gli misero le mostrine sul saio, inviandolo cappellano militare in Albania, tra il fango e l’incenso; ai Caduti, la luna brillava negli occhi, che la mitragliata lasciava spalancati. Me ne raccontava, un pomeriggio: per quanto tentassi di accompagnarlo ai servizi igienici, l’incontinenza lo mortificò sul corridoio. Colse il mio disagio e, con dignità non vinta, disse: «Anche questo è necessario alla gloria».

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2 Responses

  1. Livia Alessandrini

    Molto toccante, bellissimo, quando ti leggo sento sempre i profumi dei posti che descrivi, delle sue terre, di certe stanze, con i sapori di piatti persi nella memoria. Grazie Cristian per scrivere la parte bella del nostro paese, per tutte le ricerche che fai. E sempre spero in un bel libro, so che lo farai !

  2. Cristian Bonomi

    Grazie Livia, per le memorie condivise e incoraggianti. Un abbraccio!

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