Sulle ceneri dell’ing. Palmiro Pecchio, morto trentatreenne a Milano nel 1897, disputano la Prefettura e il beato card. Andrea Carlo Ferrari: il moribondo chiede la cremazione e rifiuta i sacramenti.

L’ingegnere concesino. Il 20 febbraio 1897 Palmiro Pecchio muore trentatreenne per febbre tifoidea al civico milanese 4 di via Paleocapa, non lontano dal Castello Sforzesco. Tra le sue cose il diploma di ingegnere elettrotecnico, che ha conseguito nel 1888; qualche appunto sulle Esposizioni Riunite di Milano, cui ha aderito nel 1894; i conti del Comune trezzese, essendone revisore uscente. Anche papà Emilio Corda adottato Pecchio esercitava questa carica ma Palmiro restò orfano troppo presto per ricordarselo.

Tra Trezzo e Vaprio il giovane ingegnere possiede terre, boschi e vigne oltre alla villeggiatura sulla piazza di Concesa: è la porzione est della casa ex-Arconati, sventrata nel 1959 da via Fermi. In questa casa il “nonno” agronomo Luigi Pecchio riceveva le lettere dell’amico romanziere Alessandro Manzoni (vedi qui), che gli scriveva specie circa certi vitigni di Pinot bianco. Sui beni di famiglia, Palmiro non dispone spartizioni testamentarie. La sorella Luigia detta “Gigina” (col fratello, costei possiede a Vaprio un bosco ceduo dolce al mappale 286 – 0,79 pertiche; e un aratorio vitato al mappale 287 – 24,98 pertiche e 108 gelsi; cfr. AsMi, Catasto, 9248 – Atti di Formazione) e la madre Maria Anna Taveggia fu Luigi rinunciano all’eredità, che passa intera alla vedova Giuseppina Ferri fu Vittorio. Gigina rallegra il marito ingegnere agricolo Vittorio Niccoli di otto figli, tra cui l’antifascista fiorentino Nello Niccoli. Questo ramo del cognome Pecchio si estingue con la donna, che muore a Firenze l’11 luglio 1905, compianta in necrologio dalla Società Storica della Valdelsa di cui è sostenitrice.

La tomba negata. «Carattere tranquillo, non demagogo, non mangiapreti, architetto della Casa Reale». Così il quotidiano La Provincia di Como descrive l’ing. Pecchio. Non abbiamo notizia circa l’ulteriore titolo di architetto che Palmiro avrebbe conseguito, né sappiamo del suo servizio alla famiglia Savoia. La testata ammicca forse, riferendo come Pecchio tenesse la dignità di architetto in seno alla massoneria altrimenti detta “arte reale”. Nell’ultima agonia Palmiro rifiuta i sacramenti, disponendo la cremazione del proprio corpo. «Non è però acattolico», precisa il sindaco trezzese Carlo Biffi. Il 22 febbraio 1897 la salma viene arsa al Cimitero Monumentale di Milano, perché Giuseppe Sada conduca le ceneri a Trezzo entro il maggio seguente.

Mentre al campo trezzese si erge su doppio lotto cimiterale l’edicola funearia di cui la vedova Maria Taveggia Pecchio ha ottenuto concessione già dal 1893, l’urna di Palmiro è depositata presso la camera mortuaria. A riguardo, il card. Andrea Carlo Ferrari interviene con circolare del 26 giugno: «Visto quanto ci venne a notizia circa l’esistenza delle ceneri di un cotale Palmiro Pecchio, in un locale attiguo alla cappella del cimitero parrocchiale di Trezzo d’Adda; considerato che è assolutamente ripugnante al sentimento della cristiana pietà la collocazione come sopra in luogo sacro.. Qualora le ceneri venissero interrate nel cimitero, nella parte benedetta, il dovere nostro ci costringe a protestare come vivamente protestiamo contro la violazione della santità del luogo sacro».

Il porporato sanziona severamente la disobbedienza dell’ingegnere alla religione perché, in quegli anni, la cremazione si diffonde quale pratica anticlericale; specie tra i massoni. L’interpellanza Mazza-Fodera porta il caso in consiglio comunale. Il prevosto trezzese don Carlo Rizzi rincara la condanna cardinalizia, asserendo come l’inumazione Pecchio profanerebbe il campo santo che andrebbe così ribenedetto. Provvedimenti simili sembrano deporre a vantaggio dell’ipotesi che Pecchio fosse acclarato massone.

.Parce sepulto. Il Prefetto di Milano allerta i Carabinieri. Conferma il buon diritto degli eredi Pecchio a edificare l’edicola in un cimitero, «luogo di natura civile». Carteggia inoltre col sindaco Biffi perché stringa giorno e notte la sorveglianza, «onde scongiurare le conseguenze d’insulti o violenze di cui erano pubblicamente minacciate le ceneri». I Trezzesi si dividono tra quanti sostengono la circolare cardinalizia e chi la trova sconveniente, specie nel tono spregiativo che riserva al defunto.

L’eccitamento popolare è tale da suggerire una sepoltura temporanea mentre il cantiere della cappela Pecchio procede lentamente lungo la cinta cimiteriale. Ad aggravare lo sconcerto le vedove Pecchio, Maria e Giuseppina, chiedono di inumare nel sepolcreto di Palmiro anche la domestica Brigida Radaelli che la tradizione popolare vuole balia dell’ingegnere defunto. Intanto, alla presenza del primo cittadino, l’urna metallica di Pecchio «viene provvisoriamente deposta e immurata non già nella cappella mortuaria ma in un angolo della camera per le sezioni cadaveriche»; essendo questo l’unico locale non benedetto del cimitero, così da ottemperare all’interdetto arcivescovile.

Dalla camera per le sezioni cadaveriche, con successiva discrezione, l’urna è traslata nella compiuta cappella sepolcrale: opera di squisito marmo e classica forma, pensata da Lodovico Pogliaghi in due colonne che sorreggono timpano. Ai piedi delle ceneri di Palmiro viene inumata anche Brigida, la domestica.

Estinto il cognome Pecchio con la morte di Gigina, lungo il Novecento la cappella rischia di crollare per l’incuria, salvandosi solo nel passaggio ad altra proprietà (1969) che la scampa meritoriamente alla sorte d’essere utilizzata come cava di materiali nobili. Benedetto, l’edificio ritrova nel restauro struttura e decoro; viene spogliata la bronzea corona firmata dagli amici di Palmiro, che pure è pietosamente conservata. L’elenco menziona cognomi cospicui non solo di Milano:

A PALMIRO PECCHIO
GLI AMICI
Osculati, G
Osculati, R
Osculati, M
Osculati, E
De Cristoforis, N
Carbonaro, R
Weill Schott, G
Weill Schott, A
Piola, P
Capriolo
Benzi, I
Tanzi, P
Tanzi, M
Madini, P
Cornaggia, A

Cornaggia, M
Sebregondi, G
Simonetta, C
Giulini, A
Giulini, G
Casnodi, E
Schoch, E
Campanari, U
Paganini, I
Torri, E
Dotti, G
Schneider, G
Rizzini, A
Schenoni, U
Bassi
Vergani, L
Guaita
Perego, A
Nathan, E
Borella, F
Baslini, A
Baslini, G
Baslini, C
Baroggi, C
Bianchi, G
Crespi, D
Foscarini, G
Gerli, L
Mangiagalli, C
Stucchi, A
Lampugnani, R
Bernasconi, C
Isacco, V
Greppi, M
Saroli, C
Fagiolini, C
Ramazzotti, A
Brusaferri, G
Sola, A
Ravasoli, E
Guerra, A
Veralli, G
Baij, G
Bossi
Contestualmente al restauro, dal 1971 e per iniziativa dell’industriale trezzese Mario Rolla, le ceneri di Pecchio vengono riunite ai resti dei genitori dietro un modesto marmo in pacificata vicinanza all’altare cimiteriale, presso cui sono tumulati i parroci trezzesi. Parce sepulto, perdona a chi è morto.
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Fonti. Archivio di Stato di Milano, Ufficio del Registro di Milano, Successioni, 402/2, pratica 71; Archivio Storico Civico di Milano, Registro Defunti e Inumazioni, 1897 a; Archivio Storico del Politecnico di Milano, Annuario dell’Associazione Allievi, 1888; Archivio Comunale di Trezzo, Storico, 25/500, 25/506, 25/507 e Concessioni Cimiteriali, 1971 (grazie alla dott.ssa Claudia Brambilla di SpazioPiù). Italo Mazza e Patrizia Ferrario, Case da nobile in Trezzo e Concesa, Trezzo 1999, pagg. 169-171. Ringrazio Rino Tinelli per le fotografia citate dalla sua Raccolta trezzese.
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