Piante storiche dell’Adda, il secolo verdeggiante

E gli alberi stanno a guardare: le piante secolari dell’Adda, tra parchi ottocenteschi e città, ombreggiate da essenze secolari; dal platano di Verderio al cedro di Trezzo fino al gelso di Cassano.
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Piazza San Rocco – Raccolta Rino Tinelli

Pettinare il verde pubblico. Nelle settimane di potatura, sono undici le piante storiche comunali più accudite, perché candidate a diventare «monumentali»: suscettibili cioè di particolari tutele per rarità o longevità. Queste essenze vennero già segnalate nel Regolamento del Verde, commissionato dall’Amministrazione nel 2009. La relazione tecnica stilata allora segnala tre emergenze «eccezionali»: i parchi storici attorno a villa Crivelli, castello visconteo e villa Gina.

Nel primo giardino affondano radici una magnolia grandiflora tra le altre piante storiche, accanto all’ingresso per la Biblioteca; poco oltre un ginkgo biloba e un cedro del libano allungano ombre imponenti. Alcuni scorci di questo verde pubblico perpetuano l’ottocentesco gusto dei proprietari: i carpini costeggiano ancora il viale da via Dante, come risulta nel catasto risalente al 1834. Il vasto giardino all’inglese, che imita un bosco, sostituì i campi coltivati nel 1877: ci badava allora Alberto Pirola, custode della villa. I filari di vite, il frutteto e i gelsi della scarpata sull’Adda sono estinti. Ma tra le piante storiche un calicanto profuma ancora vicino all’ingresso chiuso su via Appiani, da dove accoglieva gli ospiti in carrozza.

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Luigi Medici al castello di Trezzo

Al parco del castello un cedro dell’Himalaya non dista molto dalla torre, in cima a cui già nell’Ottocento metteva rami l’albero che tra gli altri l’avvocato poeta Luigi Medici ripiantò nel 1937 dopo una tempesta. Era allora proprietaria dei ruderi, per dono di Carlo Orsi, Anna Fontana cui si deve l’assetto dei giardini che vanta numerose piante storiche.

Paolo Bassi diede invece volto di parco inglese, nel 1851, agli orti ottenuti da Pietro Cereda e Luigi Pecchio attorno a villa Gina nella frazione trezzese (1). Alto sull’Adda, il verde di Concesa vanta immensi un Coffeetree Kentucky e una «sophora japonica», entrambe piante storiche. Quest’ultima conta una sorella su via Donizetti, all’imbocco dei parcheggi ricavati sul fianco di piazza Crivelli.

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La Sophora di piazza Crivelli – Foto Mario Donadoni

Soffre un’aiuola troppo angusta come i tigli vicini: piantumati la prima volta per ombreggiare il mercato del lunedì che, dal 1885, si teneva per metà proprio su questo slargo. Tra le piante storiche trezzesi l’essenza più compromessa è però il cedro dell’Atlante, piantato negli Anni Sessanta su piazza Libertà: forse a ricordo dell’arbusto che a inizio Novecento svettava davanti l’attigua san Rocco.

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Il cedro di piazza Libertà, appena piantumato – Collezione privata

Malgrado sia solo cinquantenne, la conifera illuminata ad ogni Natale non gode salute. Malata com’è, rischia d’essere la prima pianta abbattuta tra le monumentali trezzesi. Tra le altre piante storiche il tasso retrostante il municipio lascia cadere le sue bacche poco distante da un bagolaro che, svettando, lamentano ugualmente fenditure alla base capaci di pregiudicarne la solidità.

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Il parco di villa Biffi – Raccolta Rino Tinelli

Più sano s’erge il bagolaro su via Carlo Biffi, davanti la pensilina trezzese, tra le altre essenze pregiate scampate al cemento. Con loro, è il residuo giardino di villa Biffi: proprio accanto all’edificio a colonne (già Pro Loco) che ne ospitava una dependance tra le piante storiche. All’ombra di queste foglie Tonino Biffi (1909-1943), medaglia d’argento sul fronte russo, risolse di partire in divisa mentre suo padre Luigi reggeva Trezzo da podestà. Vicino cascina Nuova, infine, al confine Sud-Ovest del paese un «bruxus sempervirens» è l’undicesima pianta pubblica di pregio.

Le piante storiche nel verde non visto: orti e giardini privati dietro la porta socchiusa
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Il gelso di casa Bonfanti

Dietro i portoni trezzesi. L’elenco pubblico di piante storiche o pregiate non censisce i giardini privati, affidati alla cura dei possessori. E’ il caso del gelso secolare recentemente abbattuto perché malato nell’ultimo cortile a sinistra su via Appiani. Giancarlo Bonfanti, il proprietario, lo ricordava da sempre sul terrapieno interno: forse unica superstite in un filare di piante sorelle. Escluso qualche gelso allineato su via Portesana, prima che biforchi verso cascina Nuova, quest’essenza è per il resto estinta nel centro cittadino.

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I giardini di casa Bassi – Archivio privato Bassi

Qui, però, ancora verdeggia la bella magnolia piantata nell’ex-casa Gargantino, tra via Valverde e Bernabò, poco distante dalla limonaia oggi Rolla a ridosso dell’ingresso al parco del castello. Tra via Roma e de’ Magri s’incunea invece il giardino della nobile casa Bassi. Lo ridisegnò un pittore garibaldino, Alessandro Trotti Bentivoglio (1841-1914), quando il parco della villa si ritrasse all’ampliarsi della tessitura che la famiglia stessa avviò sull’attuale piazza Libertà.

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I giardini di Casa Bassi – Raccolta Rino Tinelli

Di uguale pregio storico è il parco che villa Cavenago affaccia a picco sul fiume, cinta tra via Sala e Carcassola: scenario di cacce alla volpe indette qui dalla nobile famiglia Colombo dopo Marocco e Arnaboldi. Assorti e privati sono, a Concesa, gli orti carmelitani dove una rete irrigua a canali dissetava già in antico le colture: di uve, soprattutto.

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Il Carmelo di Concesa, ritratto da Giuseppe Milanesi – Collezione Padri Carmelitani

Solo con gli anni Sessanta vennero abbattuti i due cipressi che i Padri piantarono, prossimi alla riva del naviglio Martesana, per celebrare la proclamazione a dogma nel 1854 dell’Immacolata Concezione. Alberi in preghiera che ispirarono tra gli altri il pittore Giuseppe Milanesi, frequente ospite del Carmelo concesino. La frazione contava infine tre monumentali pioppi nel cortile dell’asilo «Paolo V» finché, negli scorsi anni, non toccò porre l’ascia anche a quelle radici ormai malate.

Oltre alle piante storiche, i tigli di piazza Crivelli contro ottocentesche insolazioni

Piante per ombrelloni. Definitivamente nel 1886 il mercato del lunedì trezzese traslocò dal centro in piazza Vitaliano Crivelli gli ambulanti «per quant’è del bestiame in genere – recita la delibera comunale – delle materia voluminose come legna, paglia, fieno, stramaglia»; trattenendo attorno san Rocco solo le bancarelle di generi più minuti. L’avvocato Landriani indisse breve inchiesta tra i venditori per raccoglierne il parere. Entusiasti del trasferimento su piazza Crivelli, ne lamentarono poi «i cocenti raggi solari che da mane a sera piombano loro sul capo, che nessuno potrebbe reggere senza esser seriamente compromesso nella salute – ironizza l’ironica lettera degli ambulanti – Si noti che ora non ci troviamo nel momenti dei grandi calori; che ne succederà allora? Senza transitare il mare, e senza vantaggio della Patria ci troviamo veramente nella zona torrida». Le piante innestate sulla slargo non gettavano ancora abbastanza ombra (2).

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Costeggiando l’Adda, sono innumerevoli le ville patrizie il cui parco a contorno sia di rilevanza storica: tra le altre, villa Castelbarco a Vaprio. Ma non sono rare sulla zona nemmeno le essenze monumentali più integrate nel tessuto cittadino. Sopra tutte, il gelso di Cassano o quelli secolari di Bernareggi e Giussano, oltre al platano di Verderio.

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Dal periodico comunale La città di Trezzo sull’Adda – notizie, giugno 2013.

Per approfondire:

(1) Italo Mazza, La casa sulla ripa di Concesa, Trezzo 2007.

(2) Cristian Bonomi, Sergio Confalone, Italo Mazza, Ditte e Botteghe del Novecento a Trezzo, Trezzo 2012.

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